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#QuaranTotti |"Totti, un'eterna sindrome di Stendhal"

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 27-09-2016 - Ore 10:28

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LUIGI - Quando la realtà supera la fantasia, quando uno sport si innalza a pure arte visiva, quando lo spirito di appartenenza ad una città, ad un popolo e a una maglia si impersonifica in un solo uomo, in quel momento, forse, si può comprendere in parte cosa rappresenta Francesco Totti. Non solo per chi ama e tifa la Roma da sempre, ma per chi ama il calcio e la bellezza in tutte le sue forme. Per comprendere l'effetto che il numero 10, anche alla soglia dei 40 anni continua a suscitare nei tifosi romanisti, non si può non pensare alla Sindrome di Stendhal, l'affezione psicosomatica che provoca tachicardia, vertigini e allucinazioni in soggetti messi al cospetto di opere d'arte di straordinaria bellezza. E' anche questo ciò che Il capitano giallorosso provoca da anni agli amanti del calcio. Con le sue immense capacità calcistiche Totti ha incantato per anni, e continua ad incantare anche chi non segue il mondo del calcio, chi ne disprezza l'ambiente, il sistema e il forte interesse economico che lo circonda e lo contamina. Tante parole sono state spese per descrivere Francesco Totti, probabilmente il giocatore più amato e ammirato della storia del calcio italiano. Simbolo di Roma e dei colori giallorossi, Totti non ha mai tradito l'amore di un popolo che lo ha sempre idolatrato e anche difeso, anche quando la squadra attraversava momenti particolarmente negativi. Nel 2006, anno in cui vinse la Coppa del Mondo con la Nazionale azzurra, Totti era praticamente all'apice della sua carriera. Considerato uno dei più forti giocatori italiani di quei tempi, e da alcuni il più forte in assoluto, il talento di Porta Metronia sfoderava con grande disinvoltura ed apparente semplicità, una tecnica di gioco ed un'intelligenza tattica a dir poco eccezionali, accompagnate da una quantità di gol ed assist invidiabili (la stagione successiva 2006/07 vinse infatti con 26 reti, la Scarpa d'oro, riconoscimento calcistico assegnato al miglior marcatore assoluto in Europa). Tuttavia, molti critici hanno spesso sostenuto che la sua crescita e affermazione come giocatore siano state limitate dalla scelta di rimanere a giocare per la Roma, una squadra che purtroppo negli ultimi vent'anni ha vinto uno scudetto due coppe Italia e due supercoppe italiane, non andando mai oltre i quarti di finale di Champions League. Sostanzialmente la classica metafora, abbastanza limitativa e sempliciotta del "meglio essere un grande pesce in un piccolo stagno", una metafora che in realtà poco appartiene alla mentalità del capitano della Roma, spinto a rimanere nella Capitale semmai da ragioni di cuore più che di opportunità. Infatti, tempo fa in un'intervista ad un sito americano, parlando del periodo in cui poteva effettivamente cambiare squadra disse: "Dodici anni fa pensai di andare al Real Madrid. Quando una squadra di successo, forse la più forte al mondo, ti chiede di andare, ti metti a pensare a come la tua vita potrebbe essere altrimenti. Parlai col presidente (Sensi nda) e quello fece la differenza. Ma alla fine, parlai con la mia famiglia che mi ricordò cos'è la vita. Casa è tutto".  Queste parole esemplificano al meglio ciò che la Roma rappresenta per Totti, l'amore, un sentimento incondizionato, fortissimo che lo lega alla sua città come fosse un rapporto vero e proprio con la donna amata. Con questo atto d'amore, Francesco Totti ci aiuta a ricordare costantemente che il vero successo, nella vita come anche nello sport in questo caso, significa saper dare, contribuendo a migliorare la vita delle altre persone, una delle chiavi più importanti per essere felici.

 

Fonte: A Cura di Luigi Menghini

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