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VERDONE: "Io giallorosso grazie ad un compagno di banco"

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 15-06-2014 - Ore 14:49

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VERDONE:

Carlo Verdone è da sempre un grandissimo tifoso della Roma, tanto da essere membro della commissione Hall of Fame 2014. Il sito della Roma lo ha intervistato e Verdone ha dichiarato: «La mia passione per la Roma nasce da un mio compagno di banco che disegnava i gol della Roma quando ascoltavmo le partite alle radioline, in particolare sapeva disegnare benissimo le maglie giallorosse».

LA MIA ROMA - «La prima partita all'Olimpico non la ricordo, ma era la Roma di Selmosson, Ghiggia, Da Costa, Panetti: una grande squadra. Io volevo anche essere diverso da mio fratello Luca, che collezionava materiale della Juventus di Sivori. Poi alle medie anche lui diventò per la Roma. La Roma degli anni Ottanta è stata la "mia" Roma. Con Falçao, Conti, Pruzzo e un grande presidente come Dino Viola. Un uomo all’antica, un ottimo industrial

BIANCHI - «Con Carlos Bianchi allenatore invece ho seguito meno la squadra. Girava tutto per il verso contrario: gli acquisti erano sbagliati, la squadra giocava male e l’entusiasmo veniva meno. Non andavo più allo stadio. Sono tornato a frequentare l’Olimpico grazie a Zeman. Garcia, su di lui di rassicurò Bronzetti, lo incontrai per caso e mi disse che avevamo preso il miglior tecnico francese. Aveva ragione, è stato l'uomo giusto al momento giusto, ha indovinato tutto sulla tattica ed è un tecnico preparato e si fa rispettare e apprezzo la sua ironia».

TOTTI - «Sono legato a molti giocatori giallorossi. L’anno dello scudetto del 2001 parlavano tutti di Totti, Batistuta, ma ricordiamoci pure di Tommasi che in quel campionato fu incontenibile. Damiano è sempre stato una figura positiva, uno da cui i giovani dovrebbero trarre sempre ispirazione. Un documentario su Totti? Se un domani a lui venisse in mente di fare una cosa del genere e nel caso volesse avere un buon regista, lo faccio volentieri da romanista a romanista».

PALLOTTA - «Pallotta? l'ho incontrasto negli USA. Nasce tutto da una lezione che dovevo tenere sul cinema italiano in un’università americana. Dato che non avevo mai visto Boston, decido di fermarmi qualche giorno in più con i miei figli Paolo e Giulia per visitarla. Poi ho chiamato Baldissoni per sapere se potevo visitarlo e così è stato. Con Pallotta abbiamo parlato un po' di tutto, ci siamo fatti una bella chiacchierata. Pallotta è stato carino nei miei confronti, sapeva pure che avevo da poco vinto l’oscar con “La grande bellezza” di Sorrentino».

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