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Quando le maglie sono delle miniere d'oro: Roma ultima delle big in Italia

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 22-11-2016 - Ore 12:03

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Quando le maglie sono delle miniere d'oro: Roma ultima delle big in Italia

GOAL ECONOMY - BELLINAZZO - Se le squadre italiane vorranno aspirare in futuro a contendere alle big d’Europa lo scettro delle maglie più preziose, quanto meno dovranno assicurarsi che le casacche “brandizzate” siano nitidamente visibili durante le partite, specie di quelle di cartello con un pubblico internazionale. Una considerazione che non è per nulla banale, specie dopo il Derby di Milano di domenica sera, in cui l’esercizio principale degli spettatori, sugli spalti e davanti alle tv,  è stato quello di indovinare quale fosse la propria squadra per le improvvide scelte cromatiche delle due formazioni. Non corrette peraltro neppure tra un tempo e l’altro. L’appeal di un club e di un calcio si costruiscono a cominciare dallo spettacolo mediatico che sa garantire e dalla sua esportabilità. Su entrambi fronti, nonostante le buone prestazioni degli atleti, il calcio tricolore dimostra di essere ancora al palo. Non ha incognite cromatiche né di attrattiva il Barcellona. Se per spodestare Unicef dalla maglia Blaugrana è servito l’intervento (e il portafoglio) del Qatar, per cambiare sponsor bisognava per forza infrangere una barriera da record. Il club catalano, grazie all’accordo siglato con i giapponesi di Rakuten, alza l’asticella dei ricavi da sponsor di maglia a quota 158 milioni di euro, come nessuno nel mondo del calcio. Sessanta milioni a stagione a partire dal 2017/18 dall’azienda di e-commerce nipponica, a cui si sommano gli 85 milioni garantiti da Nike fino al 2018, i dieci di Beko (sponsor sulla manica) e i cinque di Intel, il cui marchio è apposto all’interno della divisa e nell’equipaggiamento da allenamento. Rimane, inoltre, il logo Unicef nel retro della maglia, col Barcellona che proseguirà il proprio impegno sociale versando due milioni di euro annui. Con questo accordo, il Barcellona sorpassa il Manchester United, che dall’accoppiata Adidas-Chevrolet porta a casa un minimo garantito di circa 153 milioni di euro: 94,2 milioni annui di base dalla casa di abbigliamento sportivo tedesca e 59 milioni a stagione dal colosso automobilistico, per quella che attualmente è la maglia più remunerativa nella storia del calcio, in attesa del cambio di sponsor del Barcellona in programma per la prossima stagione. 

Il sorpasso potrebbe arrivare inoltre da un’altra spagnola, il Real Madrid, che oggi porta a casa poco meno di 70 milioni tra Adidas ed Emirates, ma che punta a raddoppiare questi introiti dal prossimo anno. Il contratto con Adidas scade nel 2020, ma sono già stati avviati i contatti per un adeguamento del conguaglio da versare nelle casse del club madrileno: si ipotizza un accordo sulla base di 140 milioni annui solo dal kit supplier, ma attenzione anche al main sponsor. Nel 2018 scadrà l’accordo con Emirates e difficilmente il Real potrà accontentarsi di una cifra pari a quella dell’ultimo contratto con la compagnia aerea di Dubai (150 milioni per cinque anni, bonus inclusi).

Al quarto posto della maglie più remunerative c’è un’altra società legata all’Addias: il Bayern Monaco. Ottanta milioni a stagione fino al 2030 per indossare il marchio con le tre strisce, più altri 33 milioni assicurati da T-Mobile, per un totale di 113 milioni di euro di jersey sponsor. Alle spalle di questo quartetto troviamo le altre corazzate inglesi. ChelseaArsenalManchester City e Liverpool negli ultimi anni si sono assicurate contratti di sponsorizzazione tali da proiettarli nell’élite del calcio mondiale, anche con clamoroso rotture. Il Chelsea, dal 1° luglio 2017, indosserà divise targate Nike, interrompendo con una stagione d’anticipo l’accordo siglato con Adidas (pagando una penale da 40 milioni). In ogni caso, per i Blues, sarà un salto di qualità sul piano dei ricavi: dagli attuali 35 milioni di euro, alla voce kit supplier entreranno ben 70 milioni, da sommare ai 55 milioni versati annualmente dalla giapponese Yokohama. Cifre che dalla prossima stagione piazzano il club di Abramovich nella cerchia delle società con oltre cento milioni di ricavi da sponsaor di maglia. Rimane dietro l’Arsenal che al momento da Puma (37 milioni) ed Emirates (40 milioni) ottiene poco meno di 80 milioni, ma vuole rinegoziare gli accordi presi per non perdere contatto con le rivali. Più staccate, invece, Manchester City (60 milioni da Etihad e Nike) e Liverpool (58 milioni da New Balance e Standard Chartered). Il Paris Saint-Germain spezza il dominio inglese grazie a Emirates (28 milioni), ma vuole rinegoziare l’accordo con Nike, che attualmente versa 20 milioni nelle casse parigine per un totale di 48 milioni da sponsor di maglia. L’obiettivo del Psg è quello di portare gli introiti dal kit supplier ad almeno 40 milioni. Al momento, però, i campioni di Francia devono accontentarsi di stare davanti al Tottenham, che da Aia e Under Aarmour portano a casa “solo” 36 milioni di euro. Anche per i londinesi, però, sono in piedi nuove trattative sul fronte sponsor: Nike vorrebbe portare gli Spurs nella sua scuderia, offrendo un contratto da 30 milioni annui. 

Cifre che in Italia la Juventus può sfiorare. I bianconeri prendono 40 milioni dai contratti siglati con Adidas (23 milioni) e Jeep (17 milioni) ed sono i primi della Serie A per introiti da sponsorizzazioni di maglia. Alle spalle troviamo il Milan, che da Adidas ricava 18 milioni e da Emirates ottiene 12 milioni annui per un totale di 30 e l’Inter con 23 milioni da Nike e Pirelli (11 e 12 milioni rispettivamente). Dietro alle big, con l’anomalia Sassuolo (circa 20 milioni dallo sponsor-patron Mapei), troviamo i 17 milioni del Napoli (9 tra Acqua Lete e Pasta Garofalo, 8 da Robe di Kappa) e la Roma, che sulla maglia espone la sola sponsorizzazione Nike, dal valore di cinque milioni.

Fonte: Goal Economy - Bellinazzo

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