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Vardy mette le ali

condividi su facebook condividi su twitter Di: Paolo Valenti 05-10-2016 - Ore 16:01

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Vardy mette le ali

PAOLO VALENTI - Hanno destato un certo clamore le confessioni di Jamie Vardy, centravanti del Leicester campione d’Inghilterra e della nazionale, in merito alle sue abitudini alimentari. L’attaccante a disposizione di Claudio Ranieri, come gli accade di fare frequentemente anche in campo, è andato dritto al punto e ha candidamente dichiarato di arrivare a bere, nelle ore che precedono le partite ufficiali, tre lattine di Red Bull e due caffè, oltre a mangiare una frittata e uno stufato di fagioli. Insomma, non propriamente quella che siamo soliti immaginare come la dieta di uno sportivo, soprattutto nel giorno in cui è chiamato a tirare fuori il meglio delle sue capacità psico-fisiche. Niente doping, per carità (i componenti della nota bevanda energetica non sono nella lista delle sostanze vietate; inoltre Vardy non sarebbe stato così ingenuo nello svelare le sue abitudini pre gara qualora avessero potuto indicare l’utilizzo di sostanze dopanti): solo la sorpresa nel leggere del ricorso a bevande a base di caffeina e taurina invece che al classico riferimento ad alimenti come parmigiano, pasta e crostate a cui fanno tipicamente ricorso gli atleti per supportare il dispendio energetico richiesto dalle gare ufficiali. Jamie Vardy lascia intendere che il segreto del motivo per cui riesce a correre indefessamente per novanta minuti a fare pressing sui difensori avversari e a dettare i passaggi ai compagni che lavorano alle sue spalle, sta proprio nelle bevande che consuma. In effetti l’assunzione di Red Bull e di caffè ha una serie di effetti che possono supportare al meglio uno sforzo fisico prolungato in quanto riducono la sensazione di stanchezza e aumentano le capacità di attenzione e concentrazione, almeno nel breve periodo.
Sulla nota bevanda austriaca, però, gravano da tempo dubbi in merito agli effetti collaterali che può produrre perché, come tutti gli energy drink, non ha seguito delle fasi di sperimentazione scientifica che ne abbiano certificato gli effetti a 360 gradi: ad esempio quando vengono assunti in combinazione con sostanze alcoliche. Ad ogni buon conto, le affermazioni di Vardy hanno creato un’ampia cassa di risonanza per la società produttrice della bevanda che, già di suo, investe una cospicua cifra del fatturato generato in attività di marketing. Dalla pubblicità agli investimenti veri e propri fatti in diversi sport ad ampia visibilità, tra i quali la Formula 1, dove è presente con ben due scuderie (la Red Bull Racing e la Scuderia Toro Rosso), e il calcio. Il brand, infatti, è proprietario di diverse squadre: dai New York Red Bull (ex MetroStars) al Red Bull Brasil, dal RasenBallSport Lipsia al Fussballclub Red Bull Salzburg, compagine che, nella transizione alla proprietà attuale, ha vissuto dei momenti di tensione con i tifosi. L’attuale Red Bull Salzburg, infatti, origina dalla vecchia squadra nominata, più classicamente, Austria Salisburgo. Quando nel 2005 i nuovi proprietari imposero il cambiamento di nome, colori sociali e corporate identity, un’ondata di malcontento si rovesciò sui tifosi. I più oltranzisti si sono rifiutati di accettare il cambiamento: la spaccatura ha portato alla nascita di una ulteriore compagine, la Sportverein Austria Salzburg, che ha mantenuto i segni distintivi tradizionali e che oggi milita nelle serie minori dell’Osterreich.
Insomma, le confessioni del centravanti di Sheffield hanno dato ulteriore visibilità, gratuita, a un colosso che nel mondo dello sport ha già una presenza consolidata. Questa volta è stato Vardy a mettere le ali (alla Red Bull…).

          

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