Rassegna stampa

Azzurro speranza, laboratorio Italia

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 26-05-2018 - Ore 08:18

|
Azzurro speranza, laboratorio Italia

GAZZETTA DELLO SPORT - CECCHINI - Se qualcuno avesse dei cattivi pensieri, a spazzarli via in genere pensa Mauro Sandreani, responsabile dell’area scouting azzurra, che agli aspiranti osservatori insegna: «Ci sono due modi per vedere una partita di calcio: davanti a una pizza e una birra o con un taccuino in mano. Il primo, però, non serve a niente». Benvenuti nell’universo della resurrezione azzurra, in quella filiera oscura che dovrebbe riportarci nel medio periodo ai vertici del calcio, come garantisce Maurizio Viscidi, coordinatore delle Nazionali giovanili: «Il futuro sarà molto meglio del presente».

COLORI Ma la cosa non avverrà per grazia divina. Dietro, infatti, c’è un lavoro federale che in questo settore specifico ha come terminali Sandreani stesso, Marco Scarpa, poi Giorgio Venturin e Cesare Discepoli (Under 21) più 13 osservatori territoriali «che spesso con l’ombrello al freddo — racconta il primo — vanno sui campi di tutta Italia a cercare talenti». Morale: partendo dalle necessità dell’Under 15 fino a quelle della Nazionale A, ogni anno vengono visionate circa 3.000 partite e fatte relazioni scritte (inserite nel maggior database italiano) su 1.200 calciatori, di cui 90 circa solo per la prima squadra. «Le informazioni che cerchiamo — spiega Sandreani — non sono come quelle dei club: chi è da comperare o no. A noi interessano due criteri: chi è convocabile e qual è lo stato di forma. Per i più piccoli poi aggiungiamo dettagli come precocità o meno, forza, morfologia». E qui si entra nell’universo del TIPSS, acronimo che sta per Tecnica, Intelligenza, Personalità, Speed (cioè velocità) e Struttura. «A ciascuna di queste voci si dà un voto da 1 a 10. Se la somma dà sotto il 29 si identifica il calciatore col colore Rosso, che sta per non convocabile, da 29 a 31,5 col Giallo (da rivedere), da 31,5 a 33 col Celeste (convocabile) e sopra il 33 con l’Azzurro (da convocare)». Questo sistema è stato introdotto da Arrigo Sacchi nel 2010 e perfezionato da Viscidi, mutuandolo dall’Olanda. «Che però non utilizzava Intelligenza e Struttura, così l’Ajax ha fatto crescere talenti anche non colossi e il metodo, importato in Spagna, ha dato il via libera anche a gente come Iniesta, Xavi o Pedro». Insomma, noi proviamo a essere ancora più raffinati, anche se Sandreani puntualizza: «Qui non si cerca la gratificazione personale, ma il modo migliore per essere al servizio di Mancini e di tutti i c.t.».

PRINCIPI Per farlo, occorreva crescere. «Diciamo che ora ci siamo allineati con i migliori standard europei — spiega Viscidi —. Fino al 2010 non esisteva coordinamento, ogni Nazionale era a compartimento stagno. Con Sacchi invece le cose sono cambiate. Inoltre abbiamo potenziato le sedute di video analisi che ora, grazie ad Antonio Gagliardi, responsabile dell’area, sono diventate importanti come quelle sul campo. Il principio, poi, è che adesso non s’impone più il sistema di gioco, ma lo si mutua a seconda delle qualità del gruppo. Ad esempio, se in una Nazionale ho esterni forti meglio usare il 4-3-3, se invece ho diverse punte centrali in gamba, è opportuno scegliere il 4-4-2. Inoltre, visto che in azzurro non c’è tempo per meccanizzare schemi come si fa nei club, abbiamo deciso che le nazionali giovanili lavorino con dei principi uguali: 1) si usa la difesa a quattro; 2) si fa del calcio propositivo che preveda la costruzione da dietro; 3) si lavora sull’ampiezza, il che non significa necessariamente mettere in campo ali: è una questione di spazi da occupare e non di ruoli; 4) per sviluppare il talento e non ucciderlo, si schiera almeno un rifinitore, che sia un trequartista, una mezzala che si alza o un ala che si accentra; 5) non basta muovere bene la palla, altrimenti le partite finiscono tutte 0-0; bisogna cercare la profondità, perciò si attacca la difesa avversaria con almeno 4 giocatori».

RINASCITA L’impressione è che sia la cura giusta per guarire un calcio ammalato. «D’altronde, dopo i campioni nati negli anni Settanta, in genere auto-formati, c’è stato un buco generazionale che stiamo colmando. Gli ottimi risultati che abbiamo avuto di recente con le Under 17, 19 (vicecampioni d’Europa) e 20 (terza al Mondiale) lo dimostrano. Nel 2010, con le Nazionali 17 e 19, eravamo al 19° posto nel ranking, ora siamo all’8° (ma saliremo al 5°) e al 12° (arriveremo al 7°) e tutti adesso ci chiedono amichevoli». Un’ultima considerazione è doverosa. «Sento ancora qualcuno nei bar che storce la bocca se vede dei giocatori di colore in azzurro. Sbagliano: ce ne saranno sempre di più perché sono il nostro futuro, così come è successo in Germania». Integrazione come la parola chiave. Non è un caso, in fondo, che faccia rima con resurrezione.

Fonte: GAZZETTA DELLO SPORT-CECCHINI

commentiLascia un commento

Nome:  

Invia commento

chiudi popup Damicom