Rassegna stampa

Di Francesco cerca la sua Roma smarrita

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 18-09-2018 - Ore 10:24

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Di Francesco cerca la sua Roma smarrita

IL TEMPO - MENGHI - Non è stato ancora invocato lo psicologo bravo da cui Di Francesco cercava risposte quando la sua prima Roma viveva la crisi di gennaio, ma una terapia intensiva va fatta al più presto. Perché il patrimonio tecnico di questa squadra è indiscutibile, ma i piedi buoni senza la testa giusta non vanno da nessuna parte. L'allenatore conosce bene il problema che sporadicamente fa visita a Trigoria, come una sorta di disturbo cronico da cui sembra impossibile guarire definitivamente, nonostante gli upload fatti nel corso degli anni e le vittorie pesanti, vedi Chelsea o Barcellona, che dovrebbero lasciare il segno e non solo effimeri piaceri. Eppure ogni anno, non importa da dove si arrivi o quale obiettivo si stia inseguendo, capita quel periodo di difficoltà che rischia di compromettere tutto. Si spegne qualcosa, all'improvviso, nella testa dei protagonisti. Il blackout è mentale, la diatriba sui moduli è il nervo scoperto di Di Francesco ma ha poco a che fare con il reale difetto di questa Roma, e lo stesso vale per il discorso fisico. Al netto di un Mondiale che può aver rubato energie a uno come Nzonzi, e magari non è ancora al top della condizione ma compensa con l'esperienza, oppure a chi è finito in mezzo alla bufera argentina come Fazio, lontano dalle grintose prestazioni a cui aveva abituato il popolo romanista. Non è il fiato corto a preoccupare, basta riavvolgere il film dei gol subiti per notare che sono gli errori dei singoli, mere distrazioni, a costare caro.

Gli episodi tolgono punti alla Roma, che non ha poi la forza di reagire e, come spesso gli succede, finisce per complicarsi la vita, ritrovandosi col morale sotto i tacchi. "Tutti uniti quando va bene, ma ancora di più se va male", si è sentito di scrivere sui social network Dzeko il giorno dopo la certificazione della crisi col pari in casa col Chievo e, a modo suo, è un segnale di rinascita. Il bosniaco è uno di quelli da cui d si aspetta di più, non la testa bassa e l'aria sconsolata di domenica. Ad oggi fa parte dei giocatori irriconoscibili che un tempo erano trascinatori, siè6 fatto risucchiare anche lui dall'involuzione generale, ma ora più che mai deve riemergere con la leadership che gli appartiene, non solo a parole. Coi gol. Va detto, però, che stavolta è la difesa (7 gol subiti in 4 giornate) più dell' attacco (7 reti segnate da marcatori differenti) a tormentare Di Francesco, che se l'anno scorso non si stancava di ripetere quanto fosse difficile centrare la porta in questa stagione è dietro che si balla. «Abbiamo difeso male e dobbiamo leggere meglio le traiettorie di palla», l'ammonizione del tecnico a fine partita. Eppure la linea titolare è la stessa di un anno fa. Karsdorp ha bisogno di tempo per il rodaggio e come gli altri rinforzi nel reparto non ha saputo scalare le gerarchie. I nuovi stanno faticando, in primis Pastore che tra il dilemma ruolo e l'infortunio non si è potuto esprimere al meglio, ma c'è anche chi sta prendendo confidenza con la nuova maglia e qualcosa di buono l'ha gia fatta, vedi la prestazione di Cristante e la parata da 1 punto di Olsen. Si inserisce con prepotenza nel quadro non idilliaco il complesso Olimpico: 37 punti conquistati in 21 match con una media di 1,76 a partita. Peggio nell'era americana ha fatto solo Zeman.

Fonte: Il Tempo

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