Rassegna stampa

Filipe Luis «Film, nonne passaporto io, l’italiano dell’atletico»

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 21-11-2017 - Ore 05:49

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Filipe Luis «Film, nonne passaporto io, l’italiano dell’atletico»

GAZZETTA DELLO SPORT - RICCI - Filipe Luis ha la passione del cinema, ha appena rivelato di aver visto oltre 2000 film. Del cinema italiano cosa le piace? Il brasiliano apre la felpa e mostra una foto di Clint Eastwood in piena epoca «Spaghetti Western». «I miei favoriti! E poi Bud Spencer e Terence Hill in Trinità, li ho visti decine di volte. Però il mio film italiano preferito è “La vita è bella” di Benigni. Il padre è una figura talmente meravigliosa che non meritava di morire. Quel film mi ha insegnato tante cose, soprattutto ora che sono padre anche io: non potrei mai fare per mio figlio ciò fece quel papà per il suo».

Visto che siamo in tema, conosce Anna Frank?

«Chiaro. Entrambe le mie nonne italiane, e i nonni sono uno tedesco e l’altro polacco. Tutti emigrati in Brasile durante la guerra. Mi chiamo Kasmirski, so come hanno sofferto in Polonia. E conosco la storia di Anna Frank: ho giocato nell’Ajax e quando ero ad Amsterdam ho visitato la sua casa-museo».

Sa cos’è successo all’Olimpico qualche settimana fa?

«No».

Gli raccontiamo degli adesivi di Anna Frank in maglia giallorossa appiccicati dai tifosi laziali in curva Sud. Filipe ascolta con crescente incredulità.«Assurdo: viviamo in un mondo che cerca di unire le frontiere, mentre questo tipo di azioni ci fa procedere al contrario: si va all’indietro. A volte nel calcio si porta la rivalità oltre l’umano. A me piacerebbe vedere le tifoserie mischiate, magari ci arriveremo, però episodi come questo non aiutano a progredire verso un tifo positivo».

E all’Atletico cosa succede? Avete pareggiato 7 delle ultime 9 partite e fatto appena 2 reti nelle ultime 3, entrambe firmate da Thomas Partey.

«Non è colpa degli attaccanti ma della squadra: creiamo poco, noi difensori e i centrocampisti dobbiamo offrire più a chi sta davanti. Al momento manca un po’ di fiducia: sia alla squadra sia a Griezmann. Non siamo rilassati, abbiamo dei dubbi. Probabilmente è uno dei momenti più duri da quando sono qui, fatichiamo a creare gioco e occasioni, però ci è già successo: ci vuole calma, bisogna controllare l’ansia».

Sì, ma Griezmann non segna da oltre 700’, e ha una faccia…

«Di lui si parla tantissimo perché è la nostra stella, ma spesso lo si fa in maniera ingiusta. È vero, non segna. Ma gioca bene, aiuta a difendere, si propone, corre. Con la Francia segna, se stesse male non farebbe gol in nazionale. Dobbiamo servirlo meglio e far sì che sia felice, perché quando Griezmann è contento è uno dei migliori del mondo. Come Messi: quando è felice anche se non fa gol offre tre assist. Antoine ha addosso troppa pressione».

E la Roma?

«Siamo praticamente eliminati ma dobbiamo batterla. Per noi stessi, per continuare a crescere e a sperare. La Roma è quasi passata, sta bene ed è un’ottima squadra ma pensiamo di poterla battere perché all’Olimpico abbiamo fatto una grande partita, meritavamo di vincere. E poi giochiamo in casa».

Che non è granché dolce: 2 vittorie, poi un k.o. e 4 pareggi.

«Il Metropolitano è uno stadio meraviglioso ma dobbiamo ancora “capirlo”: la luce, il terreno, gli spazi, le distanze, i suoni, il calore della gente. Dobbiamo abituarci. Per ora ci manca tanto il Calderon, il tempo e i gol ci aiuteranno».

Ha rapporti con i brasiliani della Roma?

«Con Alisson, per la nazionale, e perché è del sud del Brasile, come me. Un ragazzo serio, educato, lavoratore. Saremmo amici anche senza il calcio».

Ha detto di avere ben due nonne italiane. L’hanno mai cercata dalla nostra Federazione?

«No, e non dovevano darmi un passaporto, ce l’ho già».

Sarà un Mondiale senza Italia.

«Tremendo. Io da calciatore posso anche essere felice perché siete sempre molto competitivi però per il calcio mondiale è bruttissimo. Avete 4 stelle sulla maglia, tanta storia. È chiaro che qualcosa è stato fatto male. Io penso che in una nazionale, che è molto diversa da un club, debbano giocare sempre i migliori. Non so se sia successo in Italia».

Insigne nel ritorno con la Svezia non è entrato.

«I migliori fanno la differenza. A volte ci sono c.t. che per fare gruppo non convocano dei buoni giocatori, ed è li che si comincia a perdere. Il buon allenatore prende tante stelle e le fa giocare insieme. Dico questo senza conoscere in profondità il caso dell’Italia».

E lei? Non è mai stato a un Mondiale?

«No. Lotto contro Marcelo, il titolare, e Alex Sandro che sta facendo grandi cose alla Juve. È un grande stimolo per me, deciderà Tite, il c.t. che ha cambiato la nazionale brasiliana e merita rispetto, qualsiasi cosa scelga. È un grande tecnico, al livello di Mourinho, Guardiola o Simeone. E non lo dico per farmi portare in Russia!».

Fonte: GAZZETTA DELLO SPORT - RICCI

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