Rassegna stampa

Florenzi: «Una squadra di tutti leader»

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 07-08-2013 - Ore 09:45

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Florenzi: «Una squadra di tutti leader»

Prossimo progetto: andare a vivere con la sua ragazza Ilenia, giovane giovane come lui. Alessandro Florenzi aveva anche pensato a un figlio, ma lei gli ha detto: non ci sei solo tu al mondo, c’è anche l’università. «E io non posso negargliela», sospira il ragazzo giocherellando con l’anello di fidanzamento. Qui ha la Playstation e quasi nessuno con cui misurarsi. Non va di moda in squadra. Il biliardo è rimasto a Vitinia. E’ l’altra sua passione. (...)

Florenzi, che gliene sembra dell’America? 
«Bene, direi. Anche se non sono molto pratico. Sono andato con Valerio Verre da Starbuck a chiedere un cappuccino freddo. Ci hanno dato un bicchiere pieno solo di ghiaccio. Non credo che ci siamo spiegati molto bene. E sì che di caffé e latte dovrei essere un esperto».

Perché? 
«Ho lavorato nel bar dei miei genitori, Luigi e Luciana, da quando avevo quattro anni. Nel centro sportivo di Acilia. Quando sono nato avevano un altro bar, all’Axa. Adesso quei campi non ci sono più. C’è un benzinaio. Ogni volta che mio padre passa lì davanti, borbotta».

I suoi sono sempre lì. 
«E’ la loro vita, per adesso. Però mio padre segue tutte le partite. Mia madre no. Qualcuno deve restare dietro al bancone».

Sembra un bel ritratto di famiglia. 
«Ho anche un fratello, una cognata splendida, un nipote di sei anni e una che nasce tra dieci giorni».

Quindi è lì che è cominciata. Tra i campi e i caffé. 
«Quattro anni e mi sono trovato un pallone in mano. Ci ha messo poco a finirmi sui piedi. Quando ho avuto la testa per pensare e gli occhi per vedere il calcio ho scoperto Fabregas e mi sono fermato a guardarlo. Ma da prima ancora sono tifoso della Roma e di Totti. A casa avevo la maglia di Balbo, non so perché». 

(...)

La piazzano in ogni zona del campo. 

«Saper fare tutto è importante. Però un giocatore deve avere un ruolo, altrimenti non si capisce che pesce sia. Io mi trovo bene da intermedio. E nella Roma sono più a mio agio che in Nazionale, per via della posizione. L’importante comunque è giocare».

In questa Roma non è semplice trovare un posto fisso. 
«Non c’è ancora un undici iniziale. Siamo tanti e tutti bravi. Bisogna darsi da fare l’intera settimana per convincere l’allenatore».

A proposito di Nazionale: adesso affronterà Messi. 
«Così si legge. Speriamo. Mi emoziona solo parlarne. Leo è il più forte di tutti».

Correva da piccolo, corre adesso. Non teme di passare alla storia come quello che correva e basta? 
«Qualche volta sono troppo generoso. Posso dare quest’impressione, in effetti. Dai tutto e poi sbagli sottoporta».

Messi, dicevamo. Quando sarà che la Roma potrà permettersi uno così? 
«Non è che stiamo spendendo poco. Abbiamo preso tanti giocatori, e forti. A cominciare da Strootman. Mi aveva già impressionato quando l’ho affrontato in Nazionale. Eh,ci ho anche litigato quel giorno. Naturalmente è finita lì». 

Forse sarebbe stato meglio prendere uno o due giocatori di grande nome invece che giovani promettenti. 
«Non sta a me decidere la politica della squadra. Io credo però che più ruoli si coprono meglio sia».

L’anno scorso non ha funzionato. 
«Direi proprio di no».

Peggio il fallimento globale della stagione o la sconfitta contro la Lazio? 
«La seconda. Derby a parte, Coppa Italia a parte, era una partita da dentro o fuori. Noi siamo andati fuori dell’Europa League. Una mazzata per me, per la squadra e per più di mezza città. Se avessimo vinto, l’annata negativa sarebbe stata cancellata».

Ha dormito dopo quell’incontro? 
«Poco. Male. Anche perché il giorno dopo sono partito con la Nazionale. Un massaggiatore ha provato a prendermi in giro. Ha capito subito che non era il caso».

E adesso? 
«Adesso dobbiamo fare subito risultati. Arriva presto il derby, ma non preoccupatevi: sono abituato alla tensione. Le squadre di Garcia sono più diesel che sprinter, eppure sarebbe molto, molto positivo giocare contro la Lazio con nove punti in saccoccia».

De Rossi resta? 
«Lo spero. E’ un punto di riferimento per la squadra, non solo in campo. Dopo un minuto sembra ti conosca da una vita. E’ un ragazzo giusto. Quando ti deve bacchettare lo fa, quando è il momento di scherzare il primo a sorridere è lui». 

Si ricorda il debutto in A? 
«Tre minuti. Il 22 maggio 2011. Con la Sampdoria. Vincevamo 3-1. Segna Borriello e Montella mi dice di entrare. Mi sono sentito improvvisamente adulto, forse grande. Se lo ricorda anche Borriello. Due giorni fa mi ha detto: ehi, ma tu sei quello che è entrato dopo che avevo segnato io».

(...)

Che cosa non gradisce di Garcia? 
«Devo ancora trovare qualcosa che non vada. Mi piace molto invece che dica le cose in faccia, senza esagerazioni. Non parla ancora bene l’italiano. Ma sa farsi capire, eccome».

Perché Zeman ha fallito? 
«Una serie di fattori negativi, impossibile isolarne uno. Doveva andare così. Per me Zeman nel calcio è quello che mio padre è nella vita. Questa stagione lottiamo per i primi tre posti».

(...)

 

Fonte: Corsport

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