Rassegna stampa

Gli stranieri investano sugli italiani

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 16-12-2013 - Ore 09:01

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Gli stranieri investano sugli italiani

Erick Thohir, un finanziare indonesiano, ha comprato il pacchetto di maggioranza dell’Inter calcio ed è il nuovo presidente della squadra. Quando ho letto sui giornali alcune sue dichiarazioni mi sono venute in mente molte riflessioni. Tutti in Italia, dirigenti, media e tifosi inneggiano a nuovi investitori stranieri. Alcuni grandi club europei, come Arsenal, Manchester City e Psg sono ormai gestiti da tempo da magnati stranieri. Io sono convinta che sono un bene per il calcio italiano, ma poi penso con sano romanticismo alle grandi famiglie come gli Agnelli, i Moratti, i Garrone e anche la mia, hanno investito cifre clamorose ma anche una straordinaria passione nel gestire le proprie squadre di calcio. Io sono dell’idea che dobbiamo far tornare il calcio italiano ai vertici che gli competono, come è stato in passato dove le nostre squadre di club hanno conquistato una serie impressionante di successi. Oggi il campionato italiano di calcio non è più attrattivo per i grandi calciatori e anche per i grandi allenatori che preferiscono squadre spagnole, inglesi, francesi ed anche tedesche alle nostre.

Come mi piacerebbe vedere giocare nel campionato italiano dei fuoriclasse come Messi o Ronaldo. Mi ha meravigliato molto quello che ho letto in questi giorni, in Argentina un piccolo campione di otto anni considerato già un fenomeno si è legato contrattualmente a una squadra spagnola per farlo crescere e debuttare nel grande calcio. I genitori di questo bambino anni fa avrebbero sicuramente scelto un club italiano. In passato il nostro campionato ha prodotto tanti talenti straordinari vedi Gianni Rivera, Sandro Mazzola, Roberto Baggio ma anche gli attualissimi come Andrea Pirlo ma soprattuto il «nostro» Francesco Totti grandi giocatori che hanno avuto la capacità di interpretare tatticamente il gioco del calcio. In un secolo, con protagonisti differenti, l’Italia ha vinto quattro titoli mondiali, perdendone due in finale e piazzandosi terza e quarta in altre due edizioni.

Oggi i nostri migliori tecnici sono impegnati all’estero e stanno regalando successi e insegnamenti ad altre scuole calcistiche, mentre i giovani del nostro vivaio non trovano più spazio nelle squadre di serie A e, in alcuni casi, anche nei campionati «Primavera» (penso, ad esempio a Veratti al Paris Saint Germain). A parte le grandi squadre europee che per tradizione e importanza possono gestire al meglio i giovani talenti stranieri penso con preoccupazione a tutte le altre squadre che avendo dei bilanci in rosso con difficoltà potranno gestire i nuovi giovani talenti che nascono nel mondo. E volendosi quindi cementare a livelli più competitivi non potranno ricorrere a talenti nazionali ma i tifosi hanno aspettative immediate e la politica dei giovani non è mal supportata. Le scelte delle nostre squadre di calcio all’estero sono «seconde scelte» e intanto si trascura il nostro vero segreto vincente il vivaio italiano e i giocatori italiani. Oggi i tifosi si aspettano di tornare a vedere giocatori alla Maradona, sognare vittorie sempre più entusiasmanti. Ma perché allora, con perifrasi, si continua a parlare di autofinanziamento? Il calcio va gestito da chi lo conosce e quindi l’augurio che faccio agli attuali nuovi investitori, è di scegliere ma scegliere bene soprattutto nel mercato italiano. Sì perché se alcuni dirigenti sono «improvvisati», ce ne sono altri che sono bravi professionisti che spesso sono «parcheggiati» in realtà medio piccole addirittura in serie inferiori che di queste squadre ne fanno la fortuna.

Oltre che parlare di stadi che oramai sono un’esigenza quasi imprescindibile per la gestione di grandi e piccole società, vorrei sentire parlare di campioni e di investimenti entusiasmanti. Ma un’altra domanda mi viene in mente, vedendo anche il presidente Pallotta in Italia. Chi andrà in Lega per decidere le grandi riforme del nostro calcio? Oggi c’è bisogno di nuove regole, di condividere rapidamente la ripartizione dei diritti televisivi e di decidere tutto quanto in comune c’è da gestire. A chi delegare queste decisioni? In Lega un tempo erano sempre presenti i presidenti proprietari, oggi sempre di meno. La Lega deve imparare a lavorare per l’interesse comune e non per l’interesse del singolo club, mai perso di vista dal presidente di circostanza. Forse serve la delega a manager super partes, condizionati nel lavoro da precisi traguardi da raggiungere. I presidenti sono simpatici e a volte folcloristici, ma non hanno tempo e voglia di cimentarsi. Chi ci prova proprio dedicandosi a questo compito non trova quasi nessuno pronto a collaborare sulla sua strada. Questo dimostra che servono vere competenze e non solo dedizione alla causa! Benvenuti allora nuovi investitori stranieri, un augurio ed una richiesta, siate presenti nel nostro calcio e regalate a noi tifosi l’orgoglio di far tornare il campionato italiano il più bello del mondo.

 

Fonte: IL TEMPO

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