L’Inter è bella. La Roma terza. Nainggolan prende Perisic e blinda l’area Champions
LA GAZZETTA DELLO SPORT - VERNAZZA - E alla fine sulla ruota dell’Olimpico è uscito il pareggio della scontentezza. Che cosa se ne fa la Roma di un punto se nelle segrete stanze di Trigoria l’obiettivo reale è il secondo posto? Oggi il Napoli potrebbe allungare a più sette sui giallorossi. E l’Inter? L’11 raffredda le speranze di riagganciare la terza posizione Champions: a meno cinque era e a meno cinque resta. Al di là degli obiettivi di classifica, la grande sfida qualcosa però ha detto. Per esempio, si è avuta conferma che all’alba dell’ottavo mese di campionato l’Inter ha trovato una riconoscibilità di squadra. Non gioca ancora bene, ma neppure gioca male come all’inizio quando pure vinceva a raffica. Le fasce come prima risorsa: ieri sera, Biabiany e Perisic tra i migliori. Perisic, sempre più maschio alfa e trascinatore del gruppo, è arrivato al sesto gol in campionato, quattro dei quali in trasferta. Nell’Inter di oggi molte strade, se non tutte, portano a lui.Roma interrotta, stop alla serie delle otto vittorie consecutive, ma i tifosi ci pensino bene prima di gettare la croce addosso a Dzeko. Che piaccia o no, la Roma ha raddrizzato il risultato quando Spalletti ha spedito in campo il bosniaco.
SENZA NOVE – Nella Roma fuori Dzeko per scelta tecnica, nell’Inter niente Icardi per infortunio. Centravanti, dove siete? La rinuncia di Spalletti alla prima punta rappresenta una precisa scelta. Perotti viene investito proforma del ruolo, in realtà l’argentino corre dappertutto tranne che nel cuore dell’area. L’obiettivo è dichiarato, non concedere riferimenti fissi ai due centrali difensivi nerazzurri e creare un vuoto tra la difesa interista e il centrocampo, una terra di nessuno in cui a turno si lanciano Pjanic e Nainggolan. I due interni romanisti sembrano ascensori che si incrociano: se uno sale, l’altro scende. Il piano non riesce, perché Medel e Murillo non sono fessi e presidiano a dovere la «no man’s land». L’alternativa romanista è l’apertura o il cambio di gioco sulle fasce, per gli sprinter Salah ed El Shaarawy, però la linea a quattro di Mancini non si fa prendere alle spalle, si muove con gli specchietti retrovisori bene orientati. Dall’altra parte Mancini si affida al movimentismo di Eder. Il brasiliano si spende e si spande, ma al largo degli ultimi sedici metri. Chi attacca la porta di Szczesny? Nessuno. Il primo tempo vive di posizionamenti e ricollocamenti, non proprio uno spettacolo esaltante. Roba buona per chi apprezza la cerebralità degli scacchi.
CON UN NOVE – Spalletti all’intervallo si rende conto che col «falso nove», contro quest’Inter attenta a evitare che si creino corsie preferenziali per i velocisti della Roma, si rischia di fare il gioco dell’avversario. Così, in principio di ripresa, ridisegna il tridente, dirotta Perotti in fascia e «centralizza» Salah. Chiaro l’obiettivo, acquisire più spessore e consistenza al cospetto di Miranda e Murillo. Una ripartenza alta ben orchestrata dall’Inter rende però subito superfluo l’accorgimento e il diagonale di Perisic – su assist diBrozovic, un gol «made in Croazia» – certifica quel che già si era notato: la predominanza interista sulla sinistra, dove Florenzi è condannato a un costante uno contro uno suPerisic, situazione da cui l’azzurro esce stravolto. A quel punto, sotto di un gol, Spalletti rompe il cerchio, toglie Keita, un centrocampista, e inserisce Dzeko, un vero nove, con incorporato cambiamento di sistema, da 433 o 4141 a 4 231. Dzeko fa quel che deve, si installa al centro dell’attacco e costringe Miranda a dannarsi per fronteggiarlo. Nell’ordine succede quanto segue: Dzeko di testa obbliga Handanovic a super deviazione e buon per l’Inter che arbitro e giudice di porta non si accorgano del mani di Miranda a smorzare la conclusione; Dzeko, solo davanti a Handa e con la porta spalancata, scaraventa il pallone in curva, ennesima «callonata» di stagione; Dzeko suo malgrado respinge di pancia un tiro a botta sicura di Salah; Dzeko, di riffa o di raffa, con un assist «sporco», imbecca Nainggolan per il gol dell’11. Tutti motivi per cui tanti tifosi si sono rafforzati nella convinzione che Dzeko sia un nove da sbolognare in fretta sul prossimo mercato. Sarà, ma i romanisti sappiano che ieri la Roma si è salvata grazie a Dzeko, che in 33 minuti ha toccato 11 palloni in area interista.
CONCLUSIONI – La tattica del «falso nove» affascina, consente di imbastire bellissime rievocazioni d’epoca, ma di norma gli scudetti si vincono con i veri nove. Prendete la Juve capolista, che di nove d’alto bordo ne conta addirittura tre – Mandzukic, Morata e Zaza– senza contare Dybala, inquadrabile come 9 e mezzo. Oppure guardate il Napoli: dove sarebbe Sarri senza i 27 gol di Higuain? Coi «falsi nove» ci si fa belli, coi «veri nove» di solito si va lontano.
Fonte: La Gazzetta dello Sport - Vernazza