Rassegna stampa

La diversità ci fa vincere. Ben vengano le gare difficili

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 18-06-2016 - Ore 07:05

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La diversità ci fa vincere. Ben vengano le gare difficili

IL CORRIERE DELLA SERA - SCONCERTI - Quando ho visto che la Svezia è partita forte, ho pensato che allora avremmo vinto davvero. Questo è un torneo faticoso perché molto tattico, se fai uno sforzo subito lo paghi dopo. Non è un caso che molte partite si stiano decidendo negli ultimi minuti. L’equilibrio si altera naturalmente solo con la stanchezza, è in quel momento che arriva, se ce l’hai, la differenza. L’Italia ha questa sua differenza. È stata meno bella che col Belgio, ha dovuto adattarsi alla partita ma l’ha vinta giustamente. Nel primo tempo abbiamo pagato gli spazi stretti imposti dalla Svezia. Questo favoriva la loro forza fisica, scompariva tutto il nostro centrocampo, erano in difficoltà sia Candreva che Florenzi. Nel secondo, con la loro stanchezza, è tornata fuori la nostra diversità: abbiamo 4-5 giocatori di velocità, scattisti puri, come Giaccherini, Eder, gli stessi Florenzi e Candreva, anche Parolo. Appena la nostra difesa si alza, i velocisti portano il loro contropiede alto subito dentro l’area avversaria. Per questo la mossa decisiva è stata sostituire Pellé, significava rinunciare a giocare di forza, smetterla con i cross alti dove arrivavano sempre prima gli altri, cercare la rapidità e il pallone a terra. Fuori dal suo tran tran organizzato, appesantita da un’ora di possesso palla, la Svezia si è avviata verso la sua deriva. Splendido e dimenticato il gol di Eder. Ne ha fatti tanti così, da tempo non ne segnava più. Ma era lui, per caratteristiche fisiche, l’uomo della gara. Mi fa quasi piacere che per larghi tratti l’Italia sia stata in imbarazzo, era la realtà che tornava. Era utile giocare una partita difficile perché serviva a mettere in risalto le qualità individuali. E qualcuna si è vista. È vero che non abbiamo i giocatori di un tempo, ma è anche vero che sono tornei come questo che fanno grande un giocatore. Li cominci che vali 10 milioni, finiscono e sei arrivato a 40. Qualche buon investimento lo stiamo facendo. Non si è visto Ibra, ma anche questo era previsto. La Nazionale lo rende paterno, gli toglie arroganza. La storia dei buoni dunque continua. Il gruppo, le cose umili, l’eterno Natale dell’anima del contismo. Ma si vede anche un po’ di calcio diverso. È questo che ci sta portando avanti.

Fonte: Il Corriere della Sera - Sconcerti

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