Rassegna stampa

Lascia O Raddoppia

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 12-05-2016 - Ore 07:48

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Lascia O Raddoppia

CORRIERE DELLA SERA - PASSERINI - Si va avanti, o si smette, per un mucchio di motivi: ambizione, soldi, orgoglio, stanchezza, noia, a volte perché a casa con la moglie anche no, a volte semplicemente perché le gambe ti dicono sì, altre perché è la testa che dice no. Non c’è un’età giusta, non c’è un modo giusto. Sir Matthews andò avanti fino ai 50 (e 5 giorni) perché ne aveva voglia, Platini chiuse a 32 anni perché non ne aveva più.

C’è poi chi, come Gigi Buffon, non lascia ma raddoppia per un motivo ancora più basico: vincere, o meglio continuare a farlo. Non è ossessione, è piuttosto la matura necessità di una meta. Un fine. Un obiettivo. E il suo è un numero, il 6. Vuole il sesto scudetto filato e anche il sesto Mondiale, da ultraquarantenne, come Zoff, per superare i cinque del tedesco Matthäus e del messicano Carbajal.

È come se fosse stato il suo talento stesso a decidere per lui, un po’ come è successo a Francesco Totti, classe 1976, 5 gol nelle ultime 5 partite e un contratto annuale da un milione di euro pronto da firmare sulla scrivania del d.g. Baldissoni. Quasi pronto: l’ultima annata da giocatore può essere per la Roma un business notevole, non è un caso che il nodo della trattativa sia rappresentato dai diritti d’immagine. Domenica scorsa, per dire, per Roma-Chievo all’Olimpico c’è stato il record di presenze stagionali. «Può essere l’ultima partita del Capitano», hanno pensato in molti, e infatti si sono presentati in 55.508. Alle 12.30, detto per inciso.

C’è poi chi, sempre nella nostra A, dice no alla pensione non tanto per l’irresistibile richiamo dell’erbetta tagliata, perché quella la calpesta di rado se non in allenamento, quanto perché è il club stesso a chiederglielo. Storie di portieri, tutti in scadenza. Tipo Morgan De Sanctis (classe 1977, Roma, 4 presenze quest’anno: dall’Internacional de Porto Alegre arriverà Alisson, ma con i preliminari di Champions alle viste Spalletti preferisce tutelarsi), Christian Abbiati (anno 1977: un gettone col Milan che lo vuole confermare, anche se molto dipenderà dagli sviluppi della partita societaria) e Luca Castellazzi. L’ex numero uno dell’Inter, terzo portiere del Torino, non è mai stato messo in campo da Ventura nel 2015-16 ma resta il tesserato più anziano della serie A: ha 40 anni (41 il 19 luglio). Anche lui con il contratto in scadenza ma non è escluso possa restare, magari per fare il tutor ad Alfred Gomis, che rientrerà dal prestito a Cesena.

Da quelli che raddoppiano (per restare a casa) a quelli che lasciano (pure loro per restare a casa). Come Luca Toni, classe 1977, che domenica scorsa ha chiuso col calcio giocato buttando dentro il gol 324 della sua magnifica carriera da centravanti, in attesa di intraprendere quella da dirigente, sempre con l’Hellas. «L’allenatore no, s’invecchia subito» ha sorriso. Potrebbe finire a fare il team manager nella versione con poteri decisionali (non si acconterà insomma di alzare la lavagnetta delle sostituzioni). Simile il caso di Gianpaolo Bellini, capitano dell’Atalanta, che molla il pallone a soli 36 anni: prima faceva i conti con gli attaccanti, ora farà i conti e basta (marketing, per il club).

Ci sono poi quelli che non vorrebbero smettere, anche se il campo si è allungato e la porta si è ristretta, come Totò Di Natale, 38 giri di campo, che domenica contro il Carpi saluterà l’Udinese («ma non il calcio», ha detto) in coda a una stagione cupa e litigiosa, con molta panca e un gol solo in 22 presenze. Perché buttarla dentro è difficile a tutte le età, ma per qualcuno uscire dal campo lo è ancora di più.

Fonte: CORRIERE DELLA SERA - PASSERINI

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