Rassegna stampa

Quel vincolo architettonico al centro degli affari illeciti

condividi su facebook condividi su twitter Redazione 22-06-2018 - Ore 10:02

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Quel vincolo architettonico al centro degli affari illeciti

IL TEMPO - DI CORRADO - E' ancora prematuro parlare di atti «viziati» dall'azione corruttiva della presunta associazione a delinquere capeggiata dal costruttore Luca Parnasi. Tuttavia, nell'iter di approvazione del progetto sul nuovo stadio della Roma, le ombre più fitte si concentrano sulla questione relativa al vincolo architettonico sull'ex ippodromo di Tor di Valle. Lo conferma Luca Caporilli, consulente di Eurnova. Finito in carcere il 13 giugno scorso, Caporilli ieri è stato scarcerato anche in virtù della collaborazione offerta ai magistrati. Le dichiarazioni rese durante i suoi due interrogatori servono infatti alla Procura per puntellare il quadro accusatorio. Nel mese di gennaio 2017 il Mibact avvia l'apertura della procedura vincolistica sull'ippodromo, segnalandone il suo valore architettonico; nonostante nel 2011 la Sovrintendenza avesse risposto a una lettera del gruppo Parnasi dicendo che non aveva intenzione di vincolare lo stabile. Da qui sarebbe iniziata, secondo i carabinieri di via In Selci, la strategia di «avvicinamento del soprintendente Francesco Prosperetti (indagato per traffico di influenze, ndr), al fine di ottenere l'annullamento della proposta di vincolo architettonico». «Qualche giorno prima dell'incontro con Prosperetti - ha spiegato Caporilli al pm Barbara Zuin il 18 giugno - l'architetto Paolo Desideri raggiunse in ufficio me e Contasta: ci disse che aveva parlato con Prosperetti e che quest'ultimo gli aveva detto che avremmo dovuto ricostruire parte delle tribune dell'ippodromo. Ci fece capire che avrebbe dovuto progettare lui la ricostruzione». Dieci giorni dopo l'incontro si fa. «Prosperetti non fu affatto sorpreso della nostra proposta di ricostruzione delle tribune, né del nome di Desideri - ricorda Caporilli - ed era evidente che ciò corrispondeva a una sua idea e alla sua volontà. (...) A Desideri è stato poi fatto un contratto per l'incarico di progettazione. La ricostruzione delle tribune non aveva alcuna attinenza con la proposta di vincolo sull'ippodromo. Noi di Eurnova abbiamo vissuto, sia la riproduzione delle tribune, sia l'affidamento della progettazione all'architetto Desideri, come una cosa che dovevamo fare per venire incontro alle richieste della Soprintendenza, che abbiamo ritenuto di dover soddisfare per non scontentare Prosperetti e per offrire qualche cosa in più al Mibaci». Dopo il ricorso presentato da Italia Nostra, secondo gli investigatori, il sodalizio ha tentato di avvicinare il direttore dell'ufficio legislativo del ministero dei Beni culturali, Paolo Carpentieri (indagato), attraverso la mediazione dei professori Sandro Amorosino e Cesare San Mauro (anche loro indagati). «Ambrosino ha in parte concordato con Carpentieri il contenuto di inammissibilità del ricorso di Italia Nostra, favorevole per il gruppo Parnasi», si legge nell'informativa dei carabinieri. Stessa modalità usata per superare anche l'applicazione del diritto d'autore chiesta dalla figlia dell'architetto Lafuente, che 50 anni prima aveva progettato l'ippodromo. Fatto sta che il 15 giugno 2017 il Mibact decide di archiviare la proposta di vincolo. D'altronde, come spiega Caporilli ai pm: «Parnasi non faceva mistero delle utilità date ai politici e delle finalità delle stesse, ossia di avere un atteggiamento di favore nelle pratiche amministrative trattate». Ad esempio, «sapevamo di avere in Civita (che ieri è stato scarcerato, ndr) un referente per le problematiche dello stadio e notavamo senza dubbio un suo atteggiamento di favore. Ero certo che Parnasi avesse erogato anche in suo favore qualche finanziamento». Quanto a Lanzalone, «è il referente del Comune per l'affare stadio e lo è stato sin dall'inizio del 2017, fino al giorno del nostro arresto», ha precisato Caporilli.

Fonte: Il Tempo

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