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Basta omertà da amianto in Sardegna

condividi su facebook condividi su twitter 01-07-2017

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Basta omertà da amianto in Sardegna

L’Osservatorio Nazionale Amianto continua ad accendere i riflettori sul rischio amianto in Sardegna ed in particolare sul territorio di Carbonia.

L’associazione è operativa in questi territori già dal 2009 ed ha denunciato la desertificazione industriale di cui sono rimasti vittime questi lavoratori, l’assenza di efficace sorveglianza sanitaria, ed una certa volontà di non applicare le norme sul prepensionamento.

La Sardegna fu oggetto del tentativo di industrializzazione, con la realizzazione di vari stabilimenti, alcuni dei quali, per esempio, in centro Sardegna, presso Ottana (stabilimento ex Eni), ove l’ONA registra un alto numero di casi di patologie asbesto-correlate, così come a Nuoro e a Sassari, per passare a La Maddalena (Marina Militare).

L’Osservatorio Nazionale Amianto ha denunciato lo stato di isolamento di cui sono rimasti vittime i lavoratori sardi, non solo per la fuga delle aziende di Stato (leggi stabilimento Ottana), ma anche di alcune multinazionali (come, per esempio, l’Alcoa che ha da tempo abbandonato la Sardegna - leggi stabilimento di Portovesme).

L’Osservatorio Nazionale Amianto intensifica la sua attività in Sardegna. In particolare, per quanto riguarda le vecchie miniere di carbone, ove l’amianto era presente per la sua resistenza al fuoco e al calore e, a tutt’oggi, tale rischio permane nelle miniere ancora attive.

E’ la sorte toccata a Salvatore Igino Puddu, lavoratore sardo, coordinatore ONA, che, purtroppo, è stato esposto ad amianto per oltre 24 anni e ora vive la tragica realtà di uno stato fibrotico, che potrebbe trasformarsi in qualcosa di più grave.

Faccio parte di un gruppo di lavoratori ex esposti all'amianto e in qualità di rappresentante sindacale RSU della FEMCA-CISL sono anche il portavoce del gruppo. Nella mia stessa situazione ci sono anche altri 5 colleghi, Roberto Meloni, Antonello Cherchi, Giovanni Pala, Dante Steri, Antonio Usai, tutti lavoratori addetti al magazzino che per oltre 25 anni hanno lavorato a contatto con tutte le tipologie di  amianto. Ora siamo preoccupati per la nostra salute e per quella delle nostre famiglie. Chiediamo giustizia e una spiegazione del perché nonostante l'azienda ci abbia rilasciato una dichiarazione di esposizione, l'INAIL continui a rigettare le nostre domande. Anche la moglie di uno dei miei colleghi è deceduta per un tumore al polmone, una donna che è sempre stata bene, non escludiamo che la causa possa esser dipesa dalle fibre di amianto che noi riportiamo in casa”, dichiara Salvatore Puddu

Fonte: Ufficio Stampa ONA

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