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Nave della Marina Militare abbandonata con il suo carico di amianto

condividi su facebook condividi su twitter 18-01-2023

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Nave della Marina Militare abbandonata con il suo carico di amianto

Una delle navi della Marina Militare, come tante altre carica di amianto, è stata abbandonata al porto di Taranto per 10 anni. Nessuno si è preoccupato non solo di bonificare il natante dall’asbesto, ma neanche di attuare le misure necessarie affinché il minerale cancerogeno non contaminasse la zona.

L’imbarcazione, la Vittorio Veneto, è stata dismessa nel 2007 e, almeno dal 2013 è rimasta ormeggiata al molo 25 della banchina Torpediniere sita nel Mar Piccolo di Taranto. Ora, a distanza di tanti anni, dopo due esposti dell’Osservatorio nazionale amianto, attraverso il suo presidente, l’avvocato Ezio Bonanni, e dopo ben due richieste di archiviazione della Procura di Taranto, il giudice per le indagini preliminari che ha studiato il procedimento ha deciso che bisogna andare a fondo alla vicenda.

Il giudice Benedetto Ruberto ha compreso che la nave è stata “un rischio per l’incolumità pubblica” e ha disposto nuove indagini non più a carico di ignoti, ma di ben 8 alti ufficiali della Marina Militari responsabili in periodi diversi dell’incrociatore.

L’amianto all’interno e all’esterno della nave era un pericolo anche per “la posizione dell’imbarcazione” che “accresceva il rischio di contaminazione”. Come pure “la vicinanza al centro cittadino, l’esposizione alle intemperie, l’azione corrosiva dell’acqua marina, l’accertato stato di apertura dei portelli di ventilazione e la massiccia presenza di amianto (sia all’interno che all’esterno dell’imbarcazione), erano indici sintomatici della concreta situazione di pericolo perfezionatasi ai danni della popolazione tarantina”.

“Anche se ad oggi non è stato comprovato alcun evento dannoso – ha spiegato il gip - la concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità, a causa della presunta condotta omissiva di completo abbandono della nave” sarebbe sufficiente a ipotizzare il reato di disastro ambientale.

Dall’esposto presentato da un volontario dell’Ona è ben spiegato come già qualche anno fa c’era stato un sopralluogo e sul natante erano stati trovati almeno 1200 chili di asbesto. Poi, nel 2018, l’imbarcazione aveva subito un saccheggio. Negli anni le fibre di amianto si sono disperse nell’aria contaminando la zona circostante, e anche nell’acqua, provocando il rishio di nuovi mesoteliomi e patologie asbesto correlate. Queste “dimenticanze” sono pericolose per la salute dei cittadini e per lo stesso ambiente. Per questo l’Ona si costituirà parte civile nel caso venga disposto un rinvio a giudizio dei vertici coinvolti. L’avvocato Bonanni ha detto anche che andrà avanti con le azioni civili.

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