Il giardiniere nel pallone

Nun me lo di' – Lettera a Francesco Totti

condividi su facebook condividi su twitter 28-05-2017

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Nun me lo di' – Lettera a Francesco Totti

Era l'Estate del novantanove.

Andry Shevchenko era appena arrivato al Milan. La Lazio, nel Maggio successivo, avrebbe vinto il secondo Scudetto della propria storia.

Insomma un'annataccia, neanche a dirlo.

Nella foto sono l'ultimo a destra. Non ebbi nemmeno il coraggio di avvicinarmi troppo, questione di timidezza.

E rispetto.

Temevo di chiedere troppo.

Avevo tredici anni, sogni a non finire ed ero più basso di te. Se la stessa foto la scattassimo ora, be', almeno nella statura ti fregherei.

All'epoca ero un aspirante giardiniere, ma ancora non lo sapevo.

Tu già un fuoriclasse.

Ora il giardiniere lo faccio davvero, per vivere; ho mantenuto la parola, l'animaccia mia.

Pure tu l'hai mantenuta: sempre e solo con una maglia, la più bella di tutte.

Vedi, France', chi ha inventato la vita doveva essere fuori di testa. Ubriaco, folle o semplicemente annoiato.

Sì, tremendamente annoiato.

Solo così riesco a spiegarmi certe cazzate. Ad esempio, i ricordi.

Che me ne farò dei ricordi, France'?

L'ennesima illusione di ciò che è stato e che mai più tornerà. I ricordi hanno fatto la fortuna dei fotografi.

E io ho sempre odiato le foto.

Vedi, France', avrei tanto da scrivere, tanto da raccontare. Dei tuoi gol, degli assist, delle vittorie e anche delle sconfitte, ma sarebbe superfluo, credimi.

In questi giorni ho letto di tutto: attestati di stima da chi fino a ieri ti avrebbe sputato in faccia.

Su, France', falla finita!

Dimmi che non è vero perché non può essere vero.

Con te se ne andrebbe un pezzo di cuore, un pezzo di libertà.

Hai rappresentato per anni un popolo intero, sei stato il vanto di quel popolo. L'orgoglio di chi aveva solo la Roma per star bene.

Di tutti quelli che hanno urlato in faccia alla luna quanto sia schifosa e maledetta questa vita.

“Ma Totti gioca?”

Questo mi chiedevo la domenica mattina, speranzoso di vedere quel dieci con la fascia al braccio.

Ancora una volta.

Ma adesso falla finita, basta scherzare.

Non mi freghi, France', io ti conosco. So che sarà stata l'ennesima battuta di un copione romano e romanista.

Falla finita che tutti questi attestati di stima leziosi e banali non posso più sentirli! Da tutti quelli che vorrebbero accompagnarti verso gli spogliatoi, ma per l'ultima volta.

Diglielo, France', di' loro di tornare ad insultarti e a mangiarsi il fegato per i tuoi successi.

Niente parole d'amore, France'. Quelle spettano ai deboli e io, dai tempi della foto, son cresciuto eccome.

Basta cazzate, France', domenica ci sarà una Champions da conquistare e non ci sarà spazio per gli addii.

La Roma ha bisogno di te, ancora una volta.

Be', anche se fosse l'ultima, France', che importa. È la vita, me ne farò una ragione.

Tutto cambia, si trasforma.

Come te, come me.

Diciotto anni fa non ebbi il coraggio di chiederti di più di una foto, relegato alla tua sinistra e senza nemmeno sfiorarti.

Hai generato un casino, France', che neanche t'immagini. Con questa storia della comunicazione due punto zero hai aiutato chi vive di schieramenti e di prese di posizione a prescindere. Hai permesso a tutti di parlare, pure ai laziali.

Ma fa niente, France'. Oramai è andata così.

E se domenica ci scapperà una lacrima, sappi che sarà soltanto rabbia.

Te l'ho detto, gli uomini forti non piangono e non scrivono d'amore.

Al massimo ringraziano, all'ombra della luna, quel folle che ha inventato la vita. E sorridono ai ricordi, tenendo stretta una fotografia.

 

Grazie, Capitano, mi mancherai...

Fonte: a cura di Diego Fois

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