Una notte romanista con un finale non-romanista
INSIDEROMA.COM - DIEGO FOIS - Su, ammettetelo. Quanto vi carica l’attesa per questo Roma-Shakhtar?
L’attesa, appunto.
Noi romanisti viviamo per l’attesa. E vi siete chiesti il perché? Lasciate stare le filosofeggianti teorie sul desiderio, noi amiamo l’attesa perché è quella terra di mezzo dove tutto è possibile.
Realizzabile.
È nell’attesa che si consumano i migliori amplessi, quelli idealizzati e mai realizzati, quelli da rimarcare sugli annali.
È nell’attesa che sconfiggiamo la triste, greve, monotonia quotidiana.
La vita del romanista è fondata sull’attesa, sulla fremente preparazione di una festa a sorpresa. Col massimo scrupolo nella cura dei dettagli, di ogni minimo particolare. Per poi accendere le luci col cappellino da idiota in testa e ritrovarti il ta-ta! incastrato in gola per la visione, eterea, di tua moglie a letto con un altro. Ed è lì, quando la festosa tromba, stretta tra gli incisivi (assieme al cappellino da idiota), passa da oggetto scherzoso a impertinente verbo, che realizzi la pochezza della tua esistenza.
Il romanista è un cornuto. Tradito nonostante le premesse, nonostante l’attesa.
Ne abbiamo vissute tante, ne abbiamo cavalcati altrettanti. Sogni, coreografie e speranze.
C’è da fare l’impresa! gridavamo. Per poi programmarla, mestamente, l’anno successivo.
Il romanista è questo, quello dell’amore bramato e mai afferrato. Quello dei platonismi e delle cazzate filosofiche.
Ma che ce frega, noi semo quelli dell’amore puro, quelli che ja risponnemo n’coro di essere puliti, scevri da compromessi: virtuosi.
Ecco, mo’ può anche bastare.
Arriva il momento nella vita di fare, dire, essere quello che non avresti mai pensato di essere; per i refusi mentali da chierichetto o semplicemente per codardia.
Con lo Shakhtar abbandoniamo i romanticismi e i mazzi di rose profumate. Proviamo ad essere brutti, sporchi e cattivi.
Facciamo gli amanti e non i cornuti. Tradiamo le buone maniere, quelle che arrossirebbero per un bacio di Giuda.
Solo per una sera, per questa sera, dimentichiamo d’essere romanisti e andiamo ad occupare il palazzo delle grandi, delle otto migliori d’Europa.
Scriviamo un finale differente dal solito. Bruciamo le pagine da lieto fine, lasciamo la Principessa addormentata e fuggiamo via con la cugina ricca di problemi esistenziali, ma bella da paura.
Ordiniamo una grappa nelle peggiori osterie di provincia e restiamo al bancone fino a puzzare di alcol e malinconia.
Siamo spietati, cinici. Incazzati.
Almeno per questa volta sediamoci e mangiamo con le mani, malediciamo il bon ton. Ruttiamogli in faccia che no, stavolta non passeremo da vittime sacrificali.
Torneremo ad essere cornuti, ma a partire da domani. Questa dovrà e deve essere la nostra notte. Perché non si dica peccato, sarà per la prossima; non ci sarà una prossima volta.
Non ci sarà un’attesa più intensa di questa.
E allora facciamola nostra, facciamola nostra e basta…
Fonte: A cura di Diego Fois