In punta di penna

Un pareggio che porta tanti rimpianti in casa Roma

condividi su facebook condividi su twitter 11-12-2017

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Un pareggio che porta tanti rimpianti in casa Roma

Un vero peccato. Questo il termine usato dai calciatori della Roma nel post-partita contro il Chievo per descrivere il pareggio per 0-0 ottenuto al Bentegodi di Verona. La formazione di Di Francesco ha tirato in porta 26 volte ed 8 nello specchio più i passaggi pericolosi che non hanno trovato pronte le punte giallorosse ed infine ci si sono messi anche i miracoli di Sorrentino e qualche scelta non rivelatasi determinante da parte del tecnico. Ecco la sintesi di un match che andava vinto a tutti i costi ma che non ha visto i giallorossi cattivi come si chiedeva e così, al netto dell’incontro da recuperare a Genova con la Sampdoria, la Roma si ritrova ancora a -5 dalla vetta. Un vero peccato, si diceva, poiché con una vittoria si sarebbe potuta dare una svolta alla stagione, andando a soli 3 punti dalla vetta, si sarebbero accorciate le distanze da Inter, Napoli e Juventus e si sarebbe tenuta la Lazio a distanza, in attesa della sfida dei biancocelesti col Torino, ma non è accaduto nulla di tutto ciò. I rimpianti sono tanti, alcuni fanno il paragone con i punti persi lo scorso anno con Empoli e Cagliari, rivelatisi decisivi ai fini della classifica finale, ma qui ci sono delle differenze. Lo scorso anno, la Roma aveva avuto il braccino in entrambe le partite: in Toscana aveva provato a vincere ad inizio ed a fine gara ma nel mezzo ha più sofferto che creato occasioni da gol; in Sardegna era sul doppio vantaggio al 60’ e dopo la rete del 2-1 dei padroni di casa, si è sciolta come neve al sole con Fazio inserito per la prima volta in un’allora inedita difesa a 3 negli ultimi minuti e con uno Szczesny non in grandissima giornata. Contro Genoa e Chievo, invece, la squadra di Di Francesco si è vista sfuggire le vittorie a causa di un errore macroscopico di un singolo e di un rigore negato allo scadere e nell’altro di tanta imprecisione sotto porta e di un portiere in stato di grazia come non gli era capitato la volta precedente con l’Inter. Certo, il trainer abruzzese ha le sue responsabilità, soprattutto nello 0-0 di Verona, quando ha scelto di far giocare contemporaneamente Bruno Peres, Gonalons e Gerson, che non si sono rivelati un’arma in più. Il difensore brasiliano ha quasi fornito l’assist involontario ad Inglese che ha colpito la traversa, spesso era fuori posizione durante gli attacchi dei clivensi e davanti ha messo palloni imprecisi o tentato conclusioni inutili per tutta la partita. Il francese non ha ancora fatto suoi i ritmi del calcio italiano, è superficiale nella propria metà campo e la manovra non scorre fluida quando è in possesso di palla. L’esterno offensivo brasiliano è troppo discontinuo: dopo le belle prove fornite contro Chelsea e Fiorentina, è andato calando ed in questa circostanza oltre al gol sotto porta sbagliato, è parso molto più simile al giocatore “spallettiano” che a quello che Di Francesco sta cercando di rivitalizzare. Pure quella di Nainggolan non è stata una buona prova: il belga è sempre determinato nel recupero palla ma stavolta è sembrato poco lucido con la sfera tra i piedi: conclusioni sempre alte o rimpallate dagli avversari e cross imprecisi o troppo forti per poter esser preda degli attaccanti giallorossi o girati in rete. Schick ha finalmente giocato dal primo minuto ed è rimasto in campo per tutto il match ma la sua prestazione non è paragonabile a quelle importanti giocate lo scorso anno con la Sampdoria. Si vede che ha numeri e talento ma è ancora troppo insicuro e lezioso e manca della giusta cattiveria per attaccare con ferocia il primo palo stile Icardi. El Shaarawy vaga per il campo senza mai trovare il guizzo vincente ed esce per far posto a Perotti. Bene il reparto difensivo con Juan Jesus sempre più una sicurezza e con Fazio ormai leader incontrastato. Kolarov sontuoso nel primo tempo, quando ha cercato da solo di suonare la carica, con coperture, affondi, falli subiti, cross, tiri ma ha sbattuto contro la difesa di casa e la poca determinazione dei compagni, che spesso ha rimproverato. Ottima la partita di Strootman, che si danna l’anima per tutto l’incontro sia in fase difensiva che nelle ripartenze ma manca ancora del tiro potente che tanto piaceva ai tifosi romanisti il primo anno in giallorosso. Ingresso tardivo e non brillante quello di Dzeko, che ha 2 buoni occasioni da gol ma sul potente tiro-cross di Kolarov arriva con un attimo di ritardo e sull’altro fortissimo cross di Nainggolan, gli rimbalza più il pallone addosso che altro. Cerca di fare a sportellate con la rocciosa coppia difensiva clivense ma è poco coadiuvato da Schick ed anche l’ingresso di Under non cambia di tanto le cose. Solo 19' concessi a Perotti è troppo poco per l’unico attaccante in grado di superare l’uomo con regolarità e creare superiorità numerica in una gara che non si sbloccava. Questi sono i primi reali appunti che si possono fare a mister Di Francesco in una stagione sinora molto positiva per un tecnico criticato ancora prima dell’esordio in campionato e che ha portato la Roma agli ottavi di Champions League arrivando primo nel girone dopo 10 anni e davanti a corazzate con Atletico Madrid e Chelsea. D’altro canto, però, possiamo dire che anche in una partita che non ha visto la Roma vincere, si possono trarre diverse osservazioni positive. I giallorossi hanno un’idea di gioco, la ricerca della palla quando è nei piedi degli avversari è continua, la retroguardia si muove con una sincronia spettacolare e ne è la riprova il continuo fuorigioco in cui cadono le punte altrui. Gli inserimenti senza palla dei centrocampisti, le sovrapposizioni degli esterni difensivi, le continue verticalizzazioni in avanti, i tagli in fase difensiva, i raddoppi sistematici sono tutte cose che molte squadre acquisiscono in 2-3 campionati, come fa il Napoli di Sarri al terzo anno di apprendistato. Se vogliamo trovare dei difetti a questa squadra è che manca di pragmatismo sotto porta: la ricerca della bella giocata a discapito della concretezza, si fa sempre qualche tocco in più e le punte non attaccano lo spazio come si dovrebbe. La rosa della Roma è numericamente completa ma forse 3-4 elementi sono migliorabili e permetterebbero alla squadra tutta di fare quel salto di qualità che serve per puntare con decisione al titolo. Nel derby di Liverpool, Salah ha dimostrato di saper segnare reti bellissime ed importanti anche con gli avversari addosso, è capocannoniere della Premier League, campionato in cui si diceva che avrebbe sofferto. Certo, non era facile trattenerlo, soprattutto al prezzo a cui è stato ceduto e perché il calciatore egiziano aveva chiesto di tornare in Inghilterra ma alla Roma c'è bisogno di quel tipo di calciatore ed è lo stesso Di Francesco che lo chiede ogni volta che può. Mahrez non vale Salah, almeno in quanto a numero di gol fatti in carriera ma assicura grande talento, supera l’uomo come solo Perotti sa fare nella Roma e sarebbe un altro tassello determinante nello scacchiere giallorosso, al netto di Under e Defrel che devono ancora crescere il primo e dimostrare di poter stare in una grande squadra il secondo. Parliamo dell’algerino poiché è stato lui il nome caldo dell’estate per sostituire l’egiziano ma se non sarà lui, è necessario un calciatore pronto e con quelle caratteristiche e poi un Badelj, altro nome uscito in questo periodo, per dare un cambio di passo più rapido ad inizio azione. Il direttore sportivo Monchi non ha assolutamente necessità che qualcuno gli dica cosa fare ma se riuscisse a portare questi 2 elementi o comunque a coprire questi 2 ruoli con calciatori dello stesso spessore, la Roma avrebbe tutte le carte in regola per tornare ad alzare quei trofei che mancano ormai da almeno un decennio.

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