Red carpet

Dino Viola, l'ingegnere di un sogno

condividi su facebook condividi su twitter 19-01-2016

| | Commenti →
Dino Viola, l'ingegnere di un sogno

PIERO TORRI - Ha cambiato la storia della Roma. La prese che per tutti era la Rometta, l'ha lasciata Roma, dedicandole tutto se stesso. Dino Viola se ne è andato venticinque anni fa dalla volgarità terrena, ma il suo spirito è ancora qui, fedele compagno di intere generazioni di tifosi che in quei magnifici anni Ottanta si sono goduti una grande Roma, uno scudetto, un altro (minimo) scippato, cinque coppe Italia, finale di Coppa dei Campioni, finale di Coppa Uefa. Ma soprattutto l'ingegnere riuscì a trasformare la percezione della Roma in Italia e in Europa. Non più periferia del calcio, ma centralità, con il coraggio di lanciare il guanto di sfida contro le solite potenze che hanno sempre amministrato i palazzi del nostro mondo pallonaro. Lo fece con intelligenza,competenza e intuito, puntando sulla forza e la complicità di un popolo di tifosi in cui l'uomo di Aulla non aveva nessuna difficoltà a identificarsi perché era uno di loro. Una volta a Torino ci furono incidenti, alcuni tifosi della Roma furono fermati, lui si presentò al commissariato dicendo che non se ne sarebbe andato se con lui non fossero tornati anche i suoi ragazzi. E quei ragazzi, tutti, lo hanno sempre percepito per quello che era, ovvero un tifoso della Roma, vero, autentico, appassionato, come quando da ragazzo fece quasi quaranta chilometri in bicicletta per andare a vederla giocare a Livorno.

Prese la Roma da Gaetano Anzalone non nascondendo mai che il suo obiettivo era quello di riportarla a vincere, di dare i contorni della concretezza a un sogno che con il passare degli anni si stava trasformando in utopia. A quel sogno poi realizzato, lavorò tutti i giorni, ora dopo ora, accompagnandolo con il suo linguaggio che diventò il violese. La sfida dialettica con Boniperti a suon di centimetri e righelli fece epoca, i suoi paradossi erano un qualcosa da metabolizzare e portare sempre in tasca, “per assurdo preferisco l'insuccesso perché ha la capacità di saperti spronare, il successo al contrario rischia di farti adagiare”. Le sue intuizioni non solo furono originali ma avevano la forza di anticipare i tempi come quando cercò in tutte le maniere la possibilità di costruire lo stadio della Roma, una Roma all'epoca sfrattata dall'Olimpico per esigenze Mondiali, nessuno in quel senso lo capì e oggi a distanza di quasi trent'anni siamo ancora qui con un calcio italiano che fa fatica a capire l'importanza per i nostri club ad avere un impianto di proprietà. La sua capacità di vedere il futuro gli ha consentito comunque di ribaltare la storia della Roma. Mi sembra giusto dire che c'è stata una Roma prima di Viola e ce ne è stata e c'è ancora una Roma dopo l'ingegnere. Ho avuto la fortuna di conoscerlo all'alba della mia carriera e non faccio fatica ad ammettere che probabilmente è stato l'incontro più importante che mi sia capitato di avere nell'ambito del mio lavoro. Perché la stupidità la incontri tutti i giorni, l'intelligenza quasi mai e quando la incontri devi avere l'intuito di riconoscerla.

Grazie Presidente. 

Fonte: a cura di Piero Torri

commentiLascia un commento

Nome:  

Invia commento

Archivio rubrica

-->
chiudi popup Damicom