Uranio Impoverito: suicidio del caporalmaggiore Luigi Sorrentino

condividi su facebook condividi su twitter 02-11-2018

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Uranio Impoverito: suicidio del caporalmaggiore Luigi Sorrentino

Malato di leucemia a causa dell’uranio impoverito, messo da parte da un Paese che ha sempre servito con onore, si è tolto la vita. Questa è la triste storia di Luigi Sorrentino.

Diventa sempre più alto e preoccupante il numero dei militari deceduti per motivi di servizio: moltissimi i giovani che hanno abbracciato la divisa e il Tricolore d’Italia e a cui le Forze Armate hanno riservato amianto, uranio, vaccini con additivi, onde elettromagnetiche e nanoparticelle all’uranio impoverito, il tutto nel silenzio più totale. 

L'ultimo tragico avvenimento che ha colpito dritto al cuore degli eroi italiani, vede protagonista il caporalmaggiore Luigi Sorrentino, trovato senza vita dopo essersi suicidato.

Sorrentino era malato ormai da tempo di Leucemia, patologia fortemente legata alla esposizione all'uranio impoverito, durante le numerose missioni.

Vittime del dovere: necessario l’intervento del nuovo governo

L’Osservatorio Nazionale Amianto ha dimostrato di avere grande fiducia nel nuovo Governo del cambiamento, nel Ministro Elisabetta Trenta e nel sottosegretario Angelo Tofalo, e confidano in un pronto loro intervento, quantomeno per assistere i militari gravemente malati e i loro familiari.

Uranio e amianto: strage nelle forze armate

Le vittime di questa strage sembran essere quasi invisibili agli occhi di uno stato che dovrebbe dichiararsi colpevole:  “Tanto è vero che la Procura della Repubblica di Padova è giunta ad accertare che solo nell’ambito della Marina Militare 1101 persone sono decedute o Risono ammalate per patologie asbesto-correlate (circa 570 i mesoteliomi). Ed allarmano le prospettive di ordine generale delineate dal Direttore del RENAM Alessandro Marinacelo, medito il 19 ottobre 2017: “il picco dei casi di mesotelioma, sia il numero di casi sia il numero di tassi, è presumibile sia nel periodo tra il 2015 e il 2020”. Intanto, come si desume da una relazione tecnica di Marinaccio trasmessa in data 29 gennaio 2018 dal Presidente dell’INAIL Massimo De Felice, nell’ambito dei corpi militari, “sono stati identificati 830 casi di mesotelioma maligno con esposizione in tale settore”. Ed è sconfortante apprendere da tale relazione che “negli archivi del ReNaM sono presenti informazioni relative a n. 9 casi di mesotelioma maligno con codice di esposizione familiare insorti in soggetti esposti per ragioni di convivenza con familiari professionalmente esposti nel settore della ‘Difesa nazionale'”: una esposizione, dunque, che si è insinuata persino nel domicilio dei militari, coinvolgendo i loro congiunti” (pag. 34 della Relazione finale della Commissione Uranio impoverito della scorsa Legislatura – XVII).

Luigi Sorrentino: vittima del dovere

Luigi Sorrentino aveva soli 40 anni, la maggior parte dei quali spesi in divisa, ad ucciderlo non sono state le missioni in Kossovo, Afghanistan,  e nemmeno la leucemia.

Luigi si è tolto la vita perché era stato cacciato dall’Esercito e non più reintegrato.

Una ferita profonda che nulla al mondo sarebbe riuscito a rimarginare, un uomo distrutto che ha cercato di lottare e raccogliere i cocci di un'anima a pezzi.

Ma il caporalmaggiore Sorrentino adesso non c'è più, lasciato solo da quella Forza Armata e da quella Patria che aveva abbracciato e difeso, e rappresentato con lealtà ed onore in missioni all’estero.

Fredde mura, in una Torino anch’essa fredda e spoglia, da quando è stata privata del suo padre putativo (Avv. Gianni Agnelli).

Non ha spiegato il suo gesto, però la storia parla da sé, l’origine della malattia risiede nell’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e nelle missioni all’estero in territori contaminati.

La Polizia è intervenuta solo dopo che il militare (spogliato della divisa dal Ministero della Difesa) si è tolto la vita: una morte con coraggio e dignità.

Che senso ha, come lui stesso ha detto, vivere con 1500 euro al mese, stando a casa, senza fare niente, spogliato della divisa, per un uomo di azione destinato a morire, comunque, come una foglia che cade tra i porticati di Torino, tra l’indifferenza generale …

«So dove me la sono presa – aveva dichiarato poco tempo fa in un’intervista al quotidiano torinese Cronaca Qui – A Camp Black Horse, lungo la Violet Road di Kabul, nel 2006. Quella era la base dove addestravo le forze speciali afghane. E dietro c’era quello che tutti chiamavano il ‘cimitero dei carri’, un enorme sfasciacarrozze di mezzi corazzati di fabbricazione sovietica, distrutti dagli americani».

Sorrentino ha continuato poi il suo racconto affermando che lì non c’erano soltanto rottami di metallo:

«quasi tutti colpiti da proiettili all’uranio impoverito. Enormi ammassi di acciaio fuso dai quali si alzava una polvere invisibile sollevata dai ‘twister’, piccole trombe d’aria tipiche del deserto. È il vento che portava l’uranio».

Ma la parte più umana del caporalmaggiore è emersa attraverso quest’altra dichiarazione:

«Ora capisco perché gli americani avevano il tassativo divieto di avvicinarsi al ‘cimitero dei carri. Invece io, che ero pilota di mezzi blindati, ci sono passato per sei settimane di fila, senza nessuna protezione».

Fonte: Ufficio Stampa ONA

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