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Il boemo condottiero

condividi su facebook condividi su twitter 17-08-2015

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Il boemo condottiero

PAOLO VALENTI - Il quinto anno della presidenza Sensi è alle porte. Franco è deluso per come è andata la precedente stagione, nata sotto i migliori auspici (un tecnico sudamericano che conosce l’Europa e le vittorie, giocatori collaudati capaci, a parole, di poter competere per le alte posizioni, un inizio di campionato che a taluni aveva addirittura fatto pensare, troppo presto come accade sovente a Roma, di poter dare fastidio alla Juventus per il primato). Un finale di stagione con uno sciogliete le righe anticipato non appena raggiunta la salvezza matematica, concluso con una umiliante sconfitta all’Olimpico con l’Udinese che non lascia alternative se non quella della rifondazione. Via, quindi, i senatori dello spogliatoio (Cervone, Annoni, Lanna, Carboni, Cappioli e Fonseca) e spazio a una campagna acquisti che rivoluziona completamente la fisionomia della squadra: arrivano Konsel, Cafu, Di Francesco, Paulo Sergio, Gautieri, Helguera solo per citare quelli che avranno maggior spazio durante l’anno. Una squadra più dinamica soprattutto perché viene messa nelle mani di un personaggio che, come il presidente Sensi, ha una indicibile voglia di riscatto: Zdenek Zeman, allenatore della Lazio fino a sette mesi prima, cacciato da Cragnotti dopo due anni di calcio spettacolare. Di fronte alla proposta della Roma, quasi una provocazione, non si fa sfuggire l’occasione per dimostrare a chi l’ha respinto di aver commesso un errore. Uomo controverso, maschera di se stesso, provocatorio per vocazione ma disponibile a pagare fino in fondo tutto il peso delle sue idee, Zeman, proprio per questi motivi, riscuote immediatamente grande simpatia tra i tifosi giallorossi. In quell’estate del 1997, distesi su un lettino leggendo le cronache sportive, interrompendo per qualche attimo i sussulti intensi degli amori estivi, i romanisti leggono le cronache degli allenamenti e delle prime amichevoli, che parlano senza ombra di smentita di gioco in verticale, sovrapposizioni dei terzini che volano sulle fasce con le falcate di quattrocentometristi, attaccanti che incrociano le posizioni da far venire il mal di testa alle difese avversarie. Fino ad arrivare all’amichevole di fine agosto contro l’Inter di Ronaldo, solo una manciata di giorni prima dell’inizio del campionato, quando un secondo tempo di stampo pienamente zemaniano consente ai giallorossi di vincere in rimonta contro una delle pretendenti dichiarate al titolo. Zeman sembra essere il cavaliere impavido e senza macchia capace di spingere la Roma verso traguardi che da anni prendono polvere in qualche ripostiglio di Trigoria. Quanto meno il bel gioco, una rarità che i tifosi possono ritrovare solo facendo sforzi di memoria che risalgono ai tempi del Barone. Il campionato, come le colorate barche a vela di fine estate, è all’orizzonte. Zeman è lì su un ponte di comando diverso, pronto a recitare ancora il suo ruolo di condottiero. Sarà la storia a vestirlo da Giulio Cesare o da Don Chisciotte.

 

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