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Osvaldo e quelle rovesciate perdute (Prima parte)

condividi su facebook condividi su twitter 26-09-2016

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Osvaldo e quelle rovesciate perdute (Prima parte)

PAOLO VALENTI - Pablo Daniel Osvaldo: tre nomi vicini così, forse per caso, abbastanza buffi per non colpire l’immaginazione. Un po’ come quei personaggi che capitava di incontrare nelle storie di Topolino, vagabondi occasionali e ingenui sui quali si innestavano vicissitudini bambinesche e divertenti. Suggestioni certamente lontane dalla realtà, perché Pablo Daniel Osvaldo, centravanti argentino di Lanus poi naturalizzato italiano, più che al mondo di Walt Disney sembra appartenere alla categoria dei personaggi da copertina belli e dannati, comunque vada vittime dei propri eccessi.
Formatosi calcisticamente nel settore giovanile del Lanus, Osvaldo esordisce nella Primera B Nacional argentina nel 2005 con la maglia dell’Huracan: undici gol in trentatré partite, fisico potente e piedi buoni gli consentono di farsi notare dai dirigenti dell’Atalanta, che lo portano a Bergamo nel gennaio del 2006. L’impatto con l’ambiente è duro: il freddo, la neve, le pareti senza storia di un albergo qualunque lo disorientano. Lui, cuore caldo della provincia di Buenos Aires, si ritrova a piangere nella sua solitudine, costruita nel gelo di una città e di una lingua sconosciute.
In estate decide di cambiare aria, destinazione Salento: nel Lecce incontra Zeman, comincia a segnare e ad essere apprezzato. Arriva così la serie A con la Fiorentina e uno spettacolare gol in trasferta contro la Juventus che fa impazzire i tifosi viola e quelli che alla Vecchia Signora non riservano pensieri gentili. Sembra che a Firenze sia definitivamente in rampa di lancio ma non è così: qualcosa si inceppa e nel gennaio 2009 va dall’altra parte dell’Appennino, a Bologna. Un altro anno zoppicante, senza convincere: tre gol in venticinque partite sono niente per uno con le sue potenzialità. Si affaccia nuovamente il bisogno di andarsene, cambiare aria, cercare un posto dove poter guardare il sole: l’Espanyol lo cerca, lo vuole e lo prende. E’ nella squadra meno nobile di Barcellona che Osvaldo sembra finalmente trovare il luogo giusto per spiccare il volo: segna spesso, è importante per la squadra e gli osservatori internazionali gli mettono gli occhi addosso. Tra questi il direttore sportivo della nuova Roma americana, Walter Sabatini, che, nell’estate del 2011, vede in lui le caratteristiche necessarie per portare a compimento le trame di gioco che sulla lavagna di Trigoria un giovane allenatore di prospettiva, Luis Enrique, traccia con una convinzione visionaria. La società giallorossa prova a diventare grande dando fiducia a un gruppo formato da giovani di talento e giocatori più maturi, in grado di trascinarli. Quando Daniel arriva a Fiumicino, tutti sanno dei suoi trascorsi italiani, anche se probabilmente nessuno ricorda con precisione quante reti ha segnato e contro chi. Negli schemi offensivi di Luis Enrique, Osvaldo non gioca in mezzo all’area ma ci arriva dall’esterno: alto il giusto (182 centimetri) per avere un buon colpo di testa e non perdere mobilità, ottima tecnica di base (l’anno successivo Zeman lo definirà il giocatore di maggior talento della rosa dopo Totti), si adatta senza difficoltà al ruolo. L’esperienza spagnola gli ha dato consapevolezza, l’ambiente romano lo coccola con fiducia. E lui comincia a segnare: prima a Siena, la settimana dopo contro l’Atalanta. In un sabato pomeriggio accarezzato dal ponentino segna il suo primo gol davanti alla curva Sud, sotto gli occhi pronti a innamorarsi di una tifoseria che vuole ricominciare a sognare. Osvaldo ha tutto per essere il centravanti che la Roma aspetta dai tempi di Batistuta e Montella. Lui non fa nulla per scansare il confronto: capelli lunghi, meno potente di Bati ma più tecnico, dopo ogni gol Daniel si diverte col gesto della mitraglia, esultanza doc del bomber di Reconquista. Anche se la squadra ha delle difficoltà, per lui tutto sembra andare per il meglio. Contro il Lecce estrae dal suo repertorio il pezzo migliore: cross dalla destra in mezzo all’area, coordinazione, elevazione, plasticità orizzontale. Una rovesciata che sembra uscita dai pacchetti delle figurine Panini, un pallone all’incrocio che lascia stupefatti e felici, un gol da rivedere dieci, cento, mille volte. La bellezza e la forza, la geometria e la precisione, la tecnica e la grinta. In questo gol annullato, in questi pochi decimi di secondo c’è l’istantanea della vita calcistica di Daniel: bello, impossibile e irrealizzato.
L’Osvaldo furioso
, però, non si nasconde a lungo: dopo una sconfitta in trasferta a Udine, i media riportano di uno screzio nello spogliatoio col giovane connazionale Lamela, reo di non avergli passato un pallone: “più pizze per tutti” titolano ironicamente i giornali. In ogni caso, la sua prima annata con la maglia giallorossa arriva al termine con un riscontro positivo: undici gol in ventisei partite e l’arrivo sulla panchina di Zeman, che lo valorizzò a Lecce, sembrano il preludio di una nuova stagione ancora migliore. La squadra, però, ha molti problemi a digerire il nuovo allenatore: Totti a parte, che col boemo ha un rapporto speciale, i senatori non sopportano la disciplina che Zeman cerca di imporre. Lo stesso Osvaldo ne fa le spese, relegato in panchina in una partita all’Olimpico contro l’Atalanta per lo scarso impegno profuso negli allenamenti settimanali. Il rapporto con l’allenatore è un problema che spacca la squadra fino al momento dell’esonero.
Nel frattempo l’Osvaldo innamorato fa capolino sulle pagine di gossip: Daniel perde la testa per Jimena Baron, donna di spettacolo argentina. Amoreggia con lei sui social (“Amor de mi vida” scrive un giorno di lei su Twitter quando Dani ha già alle spalle almeno due importanti relazioni dalle quali sono nati tre figli) e nei viaggi che si concede durante i pochi giorni che il lavoro gli lascia liberi. Il calcio sembra passare in secondo piano: prima pensa di abbandonarlo per tornare a vivere in Argentina; poi, fortunatamente dissuaso, commette l’errore che chiude definitivamente il suo rapporto con la Roma e i suoi tifosi.

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