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Il derby vinto e la sindrome laziale del Gnegnegne: Doumbia infognato in una disco di Newcastle

condividi su facebook condividi su twitter 08-04-2016

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Il derby vinto e la sindrome laziale del Gnegnegne: Doumbia infognato in una disco di Newcastle

TESTE DI CALCIO - Avviso ai naviganti: tutto quello che è scritto qui è frutto dell'incoscienza di una rubrica priva di freni inibitori. Non prendere il tutto troppo seriamente (e, perchè no, distendi la bocca in un sorriso).

Un, due, tre, quattro. Il derby si è concluso alla stragrande per i giallorossi, che non lo perde da quel 26 maggio tanto caro ai tifosi della sponda biancoceleste, ma che ora sta diventando quasi una maledizione. El Shaarawy, Dzeko, Florenzi e Perotti sono gli autori del poker romanista ai danni della sbandata banda di Pioli (messo poco dopo alla berlina ed esonerato). "26 maggio 2013 non c'è rivincita" recitava qualche scritta nei giorni di protesta post derby a Formello. Un atteggiamento infantile identico a quello che inscenavano i bambini, magari dopo aver perso una partita a un-due-tre-stella o ai pokemon: "Gne gne gne, tanto quella importante l'ho vinta io".

L'unica pecca della bella domenica è stata la poca affluenza all'Olimpico. C'era così poca gente che se tu eri in Tribuna Tevere e volevi chiamare un amico in Monte Mario bastava gridare il suo nome e poi l'eco avrebbe fatto la sua parte. Vorrei evidenziare le parole della Questura, che da alcune settimane a questa parte, tramite comunicati e interviste al suo esponente (un nome a caso, D'Angelo) se ne escono con delle dichiarazioni da premio Nobel. Si vanta del fatto che negli ultimi mesi, sia fuori che dentro lo stadio, siano sparite o diminuite risse e danni di qualsiasi tipo. Beh, davvero geniale. Ma se ci vanno quattro gatti all'Olimpico chi si potrebbe menare, il paninaro con il venditore del caffè Borghetti? Meglio stendere un velo pietoso.

Tornando al match, anche questa stracittadina ha dimostrato come gli innesti di gennaio, Perotti ed il Faraone su tutti, sono stati determinanti per la rimonta di Spalletti. Con il senno del poi, la dipartita di Iturbe è stata azzeccata. L'argentino è sparito dai radar come un aereo nel triangolo delle Bermuda. Non gioca e a volte non è neanche convocato in panchina. A Bournemouth, se chiedi in giro, probabilmente non l'hanno visto. Sorte simile anche quella di Doumbia, forse infognato in qualche locale di Newcastle. Entrambi ovviamente verranno riscattati dai rispettivi club di Premier. Sì, due volte. Che è una battuta lo avete capito, vero?

(Nella foto: Attenzione, stiamo cercando questo ragazzo. Basso, capelli neri, di nazionalità argentina. Anzi no, scusate ora è paraguayano. Si prega chi lo avvisti di contattarci immediatamente, grazie). 

Nel mondo però c'è una notizia molto più importante che ha colpito tutti in questi giorni. Si tratta di Panama Papers, l'inchiesta giornalistica che portato alla luce una lista nera di nomi, personaggi pubblici e società, che detenevano conti off-shore in paradisi fiscali. E' uscito fuori anche il nome dell'attuale capo Uefa Gianni Infantino, che tempo fa avrebbe avuto un'intermediazione in contratti televisivi, il cui denaro sarebbe poi stato trasferito occultamente all'estero. Ma non è il solo nome appartenente all'Uefa che è comparso nell'inchiesta dei Panama Papers. Indovinate chi c'è? Sì, proprio lui. Le Roi Michel Platini. Certo, un'inchiesta rimane sempre una semplice inchiesta, almeno finché non si tramuterà forse in una sentenza di condanna. L'Uefa però come al solito dimostra di essere trasparente e limpida come il mare di Ostia a ferragosto. 

Fonte: Eduardo Barone per InsideRoma

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