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RicorGOL, stagione 1969-1970: Il pallone e la polvere

condividi su facebook condividi su twitter 27-07-2022

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RicorGOL, stagione 1969-1970: Il pallone e la polvere

Vi racconto una storia. 29 giugno 1969. Fabio corre giù per le scale del palazzo, dopo aver fatto merenda con pane bagnato e zucchero che la mamma gli prepara con amore e dedizione tutti i santi giorni. Indosso ha le sue scarpe di gomma e tela da tennis logore, pantaloncino e t-shirt e quelle ginocchia esili sempre perennemente escoriate.

Esce dal portone senza neanche preoccuparsi di chiuderlo. In quegli anni i produttori di strumenti anti intrusione fanno la fame, il clima è disteso e il vicino è vicino davvero, non è solo una questione di distanza numerica. Le porte e le finestre si lasciano aperte tanto nessuno tocca niente.

In quel tempo si iniziava a respirare un’aria di rivalsa, di ribellione, di voglia di rottura con gli schemi del passato, A gennaio i Beatles si esibirono per l’ultima volta sul tetto della Apple Corps al numero 3 di Savile Row a Londra. Il mondo a metà agosto avrebbe assistito al più grande concerto della storia rock a Woodstock e qualche settimana prima ancora Neil Armstrong avrebbe compiuto quel piccolo passo per un solo uomo ma così grande per l’intera umanità calpestando per la prima volta il suolo lunare…

Mentre Fabio corre per la via del quartiere, Giovanni pulisce il gradino d’ingresso del suo negozio di alimentari, Rita annaffia i fiori sul balcone bagnando il marciapiede sottostante, una macchina svolta l’angolo alzando un gran polverone tra le note a tutto volume emesse dallo stereo estraibile del brano di Battisti e Mogol "Acqua azzurra, acqua chiara".

Fabio è in ritardo questo pomeriggio, al “campo” del cortile del signor Alfredo già si stanno formando le squadre. Fabio non è bravo a giocare a calcio, quando si fanno le squadre viene scelto spesso per ultimo. Per la sua età è ancora piccolino, non è robusto, in campo le prende. La partita inizia. Il pallone finisce una volta di troppo nel cortile del condominio di fianco dove il signor Luigi, il custode, inizia a spazientirsi.


- Regazzi’ ‘a prossima vorta sto pallone ve lo buco! Intesi?! – .

Fabio, come suo solito le prende in quel cortile polveroso, all’ombra di un cantiere edile che deve veder nascere un nuovo palazzo. Sempre meno “campi” da calcio in cambio di alloggi. Il boom economico ha i suoi lati negativi. Dalla polvere, nel bel mezzo della partitella, sbuca il Super Santos che rocambola proprio sui piedi di Fabio da solo sulla laterale sinistra quasi sul fondo del cortile. Può calciare a rete, sono soli, lui il pallone e la polvere che sottilissima ma fitta nasconde le sagome di cose e persone.

* A rega’ tra poco comincia la Roma. Sbrigamose la finimo dopo la partita. Annamo!  – Grida un ragazzino nella polvere.

29 giugno 1969. Sono le 18:30. Al Campo sportivo del Pino Zaccheria di Foggia va in scena la sesta giornata del Girone Finale di Coppa Italia. Di fatto se la Roma vince è automaticamente campione.

Sono all’incirca 18.000 i presenti per quella che rappresenta la finale di Coppa Italia tra Foggia Incedit e Roma.

In campo per i padroni di casa si presentano: Trentini, Fumagalli, Dalle Vedove, Pirazzini, Teneggi, Camozzi, (79' Pavone), Saltutti, Garzelli, Nocera, Majoli, Rolla; guidati da Mister Maestrelli.

Per la Roma scendono in campo Ginulfi, Carpenetti, Bet, Spinosi, Cappelli, Santarini, Scaratti, Peirò, D'Amato, Capello, Salvori (74' Giudo) allenati da Herrera.

Calcio d’inizio.

Dopo appena 14 minuti la Roma va in vantaggio con Capello, che sfodera un serpentesco tiro rasoterra da fuori area che si va a infilare all’angolino basso sul primo palo.

Per il raddoppio giallorosso bisognerà aspettare fino al minuto 47. Sempre Capello sfrutta un’indecisione grossolana dell’estremo difensore foggiano.

Ma la perla però la sfodera dalla tasca o meglio dalla scarpetta l’allora capitano Joaquin Peirò al minuto 56. Riceve palla quasi sulla linea di fondo sulla laterale sinistra, è in area di rigore, sono soli lui, il pallone e la polvere. Non ci sono compagni in area. Può fare una cosa, una soltanto. Calciare. Da fermo, colpo di interno destro a “scavare” terra, erba e pallone. La traiettoria è letale. Tutto viene scavalcato da quella prodezza. Tutto.  Il pallone si infila morbido in rete all’incrocio dei pali opposto.

Il popolo giallorosso di lì a poco inizierà a festeggiare il suo secondo trionfo in Coppa Italia.

Sono passati tanti anni da quel caldo polveroso pomeriggio di fine giugno. Fabio oggi è un uomo. Accompagna suo nipote a giocare al campo dopo la scuola. Gli somiglia, come lui non è robusto e non è bravo a giocare.

* Nonno, mi scelgono sempre per ultimo quando fanno le squadre, non sono capace a giocare, non riesco mai a fare un gol!

Fabio muove lo sguardo, un ricordo lontano lo viene a trovare, lentamente sorride.

* Non fa nulla, non ti arrendere. Ti racconto una storia….

Fabio quel pallone nella polvere non l’ha più calciato. C’era la Roma da festeggiare. Il gol però, quello bello della vita, l’ha realizzato lo stesso.

Lui.

Il pallone.

La polvere.

 

di Vasco Maria Ciocci

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