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Roma-Udinese e un gol d'autore

condividi su facebook condividi su twitter 28-10-2015

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Roma-Udinese e un gol d'autore

PAOLO VALENTI - 10 dicembre 2000. La Roma veleggia sul campionato al primo posto dando la chiara impressione di voler arrivare fino in fondo senza lasciare ad altri, Lazio, Juventus o Milan che siano, lo spazio per rimontare. E’ una domenica fredda, che precede il turno di campionato nel quale ci sarà il derby. Ospite di giornata l’Udinese, che scende in campo accorta per riuscire a portare a casa un pareggio che saprebbe di vittoria ma che, già dai primi minuti di gioco, sembra un obiettivo non alla portata delle zebre furlane.

Primo tempo, quindi, di pura marca romanista. Già al quarto minuto il primo tiro pericoloso di Batistuta. Al quarto d’ora è Aldair che impensierisce gli avversari con un colpo di testa che va oltre la traversa e anticipa il vantaggio siglato da Batigol quattro minuti più tardi. I giallorossi, nell’umidità che intirizzisce i 60.000 spettatori presenti all’Olimpico (si, sessantamila, che oggi forse si raccolgono solo per una gara di Champions League), decidono di azionare il turbo della fascia destra per chiudere la partita: Cafù viaggia su e giù per la corsia che sembra un treno, ripetute in serie che ne dimostrano il vigore atletico, forza e resistenza alla velocità che, abbinati a un’armoniosa rotazione delle gambe, ne farebbero un quattrocentometrista di successo. Tommasi, meno elegante, è ugualmente efficace in fase di contrasto e di supporto all’azione d’attacco del “terzino” brasiliano. Dal loro lavoro combinato nasce il secondo gol della Roma, il sesto del suo autore. Si, perché di gol d’autore si tratta: sulla pennellata di venticinque metri destinata al vertice opposto dell’area di rigore, si avventa il sinistro di Francesco Totti. Un collo pieno che colpisce al volo il cross di Cafù e con violenza e precisione si insacca all’incrocio dei pali alla sinistra del portiere Turci. Un gol che riassume tutte le qualità del capitano della Roma: tecnica nel colpire al volo, potenza e precisione nell’indirizzare il tiro, confidenza assoluta nei propri mezzi senza timori di sbagliare. Un gol fantastico, il più bello della carriera fino a quel momento, salutato da una standing ovation che fa scattare in piedi sessantamila persone che non si stancano di celebrare un gesto che il tempo non potrà cancellare. Un applauso che dura cinque minuti: chi quel giorno era allo stadio ancora sente il bruciore della pelle sulle mani scorticate di entusiasmo e stupore.

Stasera Totti non potrà giocare. Ma è difficile pensare che ogni volta che l’Udinese arriva all’Olimpico il suo pensiero non vada a quel freddo pomeriggio di una domenica di quindici anni fa.

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